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  • 1912, la prima crisi Figc: un presidente appassionato di ippica e 7 club ribelli

    1912, la prima crisi Figc: un presidente appassionato di ippica e 7 club ribelli

    • Alessandro Bassi
    Sembra strano, ma oltre un secolo fa la Svezia segnò un momento molto difficile per la Federazione e il calcio italiano in generale. Un po' come sta accadendo in questi giorni, in queste ore, dopo l'eliminazione della Nazionale italiana dai Mondiali in Russia per mano della Svezia, così nel 1912 la fallimentare spedizione del calcio azzurro ai giochi olimpici in Svezia portò ad un vero e proprio terremoto, accentuando un malessere già latente.

    I PRIMI CASI DI PROFESSIONISMO - In seno alla Federazione le acque si può ben dire che non siano mai state troppo tranquille sin dagli inizi, ma in quel 1912 alcuni casi di professionismo – in un calcio ancora totalmente e fieramente dilettante – avevano portato a squalificare alcuni giocatori e ad infliggere sanzioni ad autorevoli società – una su tutte, il Genoa. Inoltre si faceva sempre più pressante il problema legato alla richiesta di sempre più società di poter partecipare al campionato, richieste che almeno per il torneo 1911/12 erano state, non senza difficoltà, soddisfatte dalla Federazione con l'organizzazione dello spareggio tra Casale e Racing Libertas. Insomma, nuove e sempre più importanti istanze venivano portate avanti e la Federazione arrancava, tanto che il Presidente federale Ferrero da Ventimiglia agli inizi dell'estate 1912 rassegnò le dimissioni.

    LA SPEDIZIONE AZZURRA IN SVEZIA - Il posto così lasciato vacante di Presidente Federale venne assunto ad interim da Valvassori in occasione del Congresso internazionale di Stoccolma, al quale la FIGC era stata invitata a partecipare per la prima volta dalla FIFA. Comunque in Federazione non c'era molta voglia di partecipare al torneo olimpico, considerato anche lo stato della Nazionale, che dopo la vittoria contro la Francia nella sua prima, storica partita, nei due anni seguenti non era più stata in grado di vincerne una: nelle successive 6 gare la miseria di 2 pareggi e 4 sconfitte. Logico dunque che ai vertici federali non si smaniasse troppo di partecipare al torneo olimpico, ma le pressioni esercitate direttamente dal governo italiano andavano in senso opposto, spingendo invece per la partecipazione dell'Italia alla manifestazione. Come bene sintetizza Alfio Caruso le recenti conquiste di Tripolitania e Cirenaica avevano fatto assurgere il nostro Paese a potenza coloniale – o quasi... - e pertanto era d'obbligo che la squadra di calcio partecipasse al torneo olimpico organizzato dal C.I.O. E così fu. La spedizione azzurra fu affidata al segretario della Federazione, quel Vittorio Pozzo che alcuni lustri più avanti sarebbe diventato il Commissario tecnico più vincente nella storia azzurra. L'avventura olimpica fu burrascosa e molto avara di soddisfazioni sportive. Pozzo venne lasciato completamente solo ad organizzare tutta la trasferta. L'aspetto se vogliamo più pittoresco, ma piuttosto emblematico di quei tempi, fu – come gustosamente racconta lo stesso Pozzo – che il Comitato Olimpico pagava sì la trasferta in II classe ma aveva autorizzato i partecipanti, una volta lasciato il confine italiano, a viaggiare in III classe e ad intascarsi la differenza! Il torneo non andò affatto bene, certificò quanto ancora fosse arretrato il nostro calcio e una volta ritornato in Italia Pozzo fu sollevato dall'incarico e all'Assemblea federale del 30 e 31 agosto 1912 venne eletto quale Presidente il conte Vittorio Rignon.

    L'ASSEMBLEA FEDERALE DEL 30 E 31 AGOSTO - L'Assemblea Federale fu un crocevia molto importante. Ben 50 delegati discussero i nove punti all'ordine del giorno, dei quali sicuramente i più importanti furono l'elezione della nuova Presidenza Federale e la riforma dei campionati. Innanzitutto venne eletto un nuovo Presidente Federale: abbastanza a sorpresa con 38 voti la spuntò il conte Vittorio Rignon, digiuno di football in quanto appassionato di ippica e automobilismo. L'altro punto, come detto, fondamentale di quell'assemblea fu la riforma dei campionati. Se la debacle in Svezia qualcosa aveva detto, era senz'altro che il calcio italiano non era ancora al livello dei migliori in Europa, tutt'altro. C'era necessità di allargare il bacino d'utenza e il movimento tutto del calcio italiano, allargando così l'accesso al campionato ad un numero maggiore di squadre. Due furono le proposte di riforma del campionato: una favorevole ad un'enorme dilatazione del campionato, quella presentata dai due soci del F.C. Piemonte Faroppa e Valvassori; l'altra, all'opposto, orientata verso criteri restrittivi e presentata dal dirigente genoano Goetzlof. La prima più favorevole per le società medio-piccole, la seconda sicuramente più vantaggiosa per i clubs più ricchi. Prevalse il progetto Valvassori-Faroppa, non senza polemiche che si trascinarono anche dopo i lavori assembleari, tanto che agli inizi di settembre incominciò a circolare una voce secondo la quale ben sette squadre sarebbero state pronte a notificare alla FIGC la propria intenzione a scioperare: queste squadre erano l’Internazionale, il Milan, il Genoa, l’Andrea Doria, il Casale, la Juventus, il Torino e forse - perché non lo dichiarò mai esplicitamente - la Pro Vercelli; contrarie allo sciopero perché favorevoli alla riforma il Piemonte e l’U.S. Milanese. I ribelli motivarono l’idea dello sciopero ritenendo che il nuovo sistema avrebbe avuto come risultato quello di diminuire considerevolmente il numero degli spettatori, con la conseguente riduzione degli incassi. Il Corriere della Sera così concludeva l’articolo del 4 settembre, con parole che facevano ben intendere come gli anni pionieristici del football in Italia fossero ormai irrimediabilmente lontani:
     «la riforma (...) è ispirata ad un concetto assai sportivo: quello di imprimere un vigoroso impulso alle più giovani squadre. E le Società anziane, che sono alla testa del progresso di questo ramo sportivo, non debbono e non possono ostacolare una riforma giusta e necessaria. I footballers, che sono tutti dilettanti, dovrebbero avere per primo scopo lo sport, e non altro»
    Postilla finale, perchè molto importante per qualcosa che accadrà al termine del campionato 1912/13. la riforma prevedeva anche l'istituzione del meccanismo di promozioni/retrocessioni: l'ultima di ciascun girone sarebbe retrocessa in Promozione. Ne riparleremo a breve, ma nel torneo 1912/13 ultima nel Piemonte si classificò la Juventus.

    (Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)

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