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  • 22 giugno 1986, il giorno in cui Maradona divenne una divinità

    22 giugno 1986, il giorno in cui Maradona divenne una divinità

    • Antonio Martines
    Trent'anni fa nasceva il vero mito di Diego Armando Maradona, né prima né dopo, ma esattamente il 22 giugno del 1986, nella famosa partita valida per i quarti di finale del secondo Mundial Messicano. In quella gara Diego fece due gol che divennero immediatamente ancestrali nel momento stesso in cui furono realizzati. 

    Il primo sigillo venne apposto al minuto 51, e si trattò del trucco più baro e allo stesso tempo affascinante di tutta la storia del calcio: la Mano de Dios. Diego si prese gioco degli Inglesi e del mondo intero con quel pugno camuffato da colpo di testa. Ma solo tre minuti dopo, a risarcimento di quella furbata senza eguali, El Pibe de oro si lanciò nel dribbling più famoso e importante di tutti i tempi, seccando nell'ordine: Beardsley, Reid, Butcher, Fenwick, e ancora una volta Butcher prima di presentarsi davanti a uno Shilton nei panni di ultimo disperato e inutile baluardo. Descrivere quel gol è stato sempre inutile quanto ridondante dato che è troppa la bellezza che ne deriva dal semplice guardarlo e riguardarlo all'infinito, come se si trattasse di un incantesimo eterno. 

    L'arbitro di quella partita, il Tunisino Ali Bin Nasser in un'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport di oggi ha detto che: “Maradona l’ho rivisto lo scorso anno. Era a Tunisi, mi ha addirittura chiamato “amico eterno”. Lo slalom del 2-0? Parlo da appassionato di calcio e non da arbitro: è stato un privilegio essere li, fare parte di quel momento. La storia non si cancella. Quando Diego si avvicinava verso l’area, pensavo solo: “Poveri inglesi, poveri difensori, ora li salta tutti”. Era davvero capace di ogni cosa. Ho arbitrato tanti grandi giocatori, ma nessuno è come lui. Oggi ci sono più spazi: Messi e gli altri del Barcellona sono magnifici, ma io scelgo sempre Maradona. Per quello che rappresenta e per come rivoltava da solo una partita”. 

    Come dargli torto, d'altronde fu proprio grazie a quel gol e a quel mondiale vinto – praticamente da solo – che Maradona divenne Maradona. Basta sentire alcune sue interviste pre e post mondiale per rendersene conto. Prima del mondiale parlava come tutte le persone normali in prima persona, dopo, molto spesso..sempre più spesso, cominciò a parlare di se in terza persona; segno evidente che ormai aveva perso un solido contatto con la realtà e soprattutto con la normale condizione di semplice essere umano, con tutti i fatti noti che poi ne derivarono. Da allora Maradona divenne il Dio del calcio nell'immaginario colletttivo della fine del ventesimo secolo, sfruttando al massimo anche l'eco mediatica e televisiva della quale non poté avvalersi invece Pelè. L'eco di quel mito rimane intatta ancora oggi, anzi ancor di più oggi, nonostante Messi, Ronaldo e il calcio spettacolo in stile OGM. Forse la vera grande fortuna di Diego non è stata tanto quella di essere veramente il giocatore più forte di tutti i tempi, quanto piuttosto quella di aver saputo sfruttare al massimo un'epoca in cui diventare mito significava esserlo - veramente -  per sempre, con buona pace di tutti quelli che sono venuti prima e dopo di lui.

    @Dragomironero

     

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