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23 dicembre, Doha. Finale di Supercoppa. Il miglior modo per puntare ad alzare l'ennesimo trofeo e allo stesso tempo celebrare la presenza numero 600 con la maglia della Juve. Questo il programma di Gigi Buffon, leggenda ancor più che bandiera della società bianconera. Il capitano, il numero uno dei numeri uno: nonostante i primi anni di Parma che lo hanno portato a Torino con i galloni del potenziale fenomeno, la carriera di Buffon lo vede come simbolo tra i simboli della Juve e non soltanto della storia recente. Uno che la Juve l'ha voluta, l'ha difesa, l'ha trasformata in una ragione di vita autentica. Leggenda sul campo, bandiera fuori, simbolo della rinascita ad ogni livello.

600 VOLTE GRAZIE – Prima la Roma e poi il Milan per fare 600. Un numero incredibile, secondo solo a quello ottenuto in termini di presenza da Alessandro Del Piero, capace addirittura di superare quota settecento con le sue 705 presenze. I trofei nemmeno si contano più, tra Scudetti, Supercoppa e Coppa Italia. E mentre si insegue la Champions per completare la bacheca in una carriera già inimitabile, ecco che proprio nel titolo meno prestigioso vien fuori il senso di appartenza di Buffon alla Juve: 2006, da campione del Mondo il miglior portiere in circolazione rimane in serie B nonostante bastasse scegliere un club qualunque che lo avrebbe riempito di soldi e gloria. Niente da fare, l'onore e l'amore prima di tutto. E allora da campione del Mondo una lezione di dignità ulteriore a tutto il mondo del calcio: protagonista del ritorno in A, poi della rinascita che nelle difficoltà ha visto la Juve dieci anni dopo a cercare di riscrivere la storia inseguendo quel sesto Scudetto consecutivo e, perché no, quella Champions più volte sfiorata.