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  • Tutti lo sanno, nessuno lo dice: lo stadio non è della Roma

    Tutti lo sanno, nessuno lo dice: lo stadio non è della Roma

    • Fernando Pernambuco
    Non è davvero facile districarsi nella complessa (e confusa) vicenda del nuovo stadio in cui la Roma dovrebbe giocare le sue future partite. Ma, raramente, abbiamo visto il progetto di un nuovo impianto sportivo occupare così a lungo prime pagine di Telegiornali, quotidiani, siti . Si tratta, infatti, non solo dello stadio, ma di una delle più grandi operazioni urbanistico/edilizie degli ultimi anni. 

    RAGGI E MARINO -
     C’è chi la vede come un volano economico capace di rilanciare la città quanto, e, forse maggiormente di quel che ha fatto l’Expo a Milano e chi la bolla come una megaspeculazione, ammantata di giallorosso. In questi giorni, la scena è occupata soprattutto dalla politica o meglio dai politici. Le dimissioni dell’assessore all’ urbanistica del Comune di Roma, Paolo Berdini, fiero oppositore del progetto, già fiore all’ occhiello dell’ odierna giunta, giungono alla fine di un tira e molla e di una serie di giravolte vertiginose. La Sindaca Raggi, nemmeno 10 mesi  fa, quando era all’opposizione,  tuonava contro il progetto insieme ai suoi compagni di “movimento” Frongia, De Vito e Stefano: “L’impianto è un enorme speculazione immobiliare avente lo scopo fraudolento di assicurare enormi vantaggi economici a società private, a scapito degli enti pubblici coinvolti e dei cittadini.” L’area deputata era addirittura definita frutto di “una scelta scellerata, altro che ottimale.” Stare alla finestra e urlare che tutto va male, si sa, è più facile che mantenere o migliorare una casa. Stretta, quindi, fra gli hashtag di Totti e il pericolo di una causa per danni intentata dai proponenti (il presidente James Pallotta  col costruttore Luca Parnàsi) dal valore stratosferico di oltre 400 milioni di Euro, la Raggi comincia a cambiare opinione. Non a caso, alle ultime riunioni si è presentato l’avvocato genovese Lanzalone. “Si farà - dice la Sindaca - ma non sarà una colata di cemento” Deve parlare così, dopo che per anni, ha scaldato con argomenti demagogici, una base abituata solo alla ribellione e allergica al sì. Sembra che dai 900 mila e oltre metri cubi, si arrivi ad un accordo che ne prevede circa il 20% in meno: 700 mila, che sono, comunque più del doppio di quanto previsto dal piano regolatore, e di questi il 16% circa sarebbe dedicato agli impianti sportivi, il resto ad uffici, aree commerciali e servizi logistici. A questo punto, oltre alla base grillina, anche parecchi consiglieri comunali 5Stelle sarebbero in rivolta. La giustificazione della Raggi (“la colpa è di Marino che ci ha lasciato in eredità un’ eccedenza del 70% in più rispetto al piano regolatore”) suona, infatti,  labile: chi governa dovrebbe, una buona volta, imparare ad assumersi onori ed oneri, eredità e prospettive. 

    Alla Raggi risponde, oggi, l’ex Sindaco Marino, il quale in sostanza, ribadisce come il progetto stadio vada considerato nella sua interezza, coi potenziamenti infrastrutturali (strade, ponti, trasporto su rotaia) e ambientali (risanamento idrogeologico) senza i quali decade la pubblica utilità e poi, difendendo la qualità architettonica dell’insieme, attacca: “A Roma non c’è uno scontro tra voraci palazzinari e quelli che vogliono tagliare le unghie alla speculazione immobiliare…si preferisce l’immagine del conflitto tra buoni e cattivi, per alimentare i discorsi vuoti di chi, forse, non si sente in grado di entrare nel merito del progetto.” Non ha torto Marino, e allora, parzialmente, entriamoci.

    TUTTI LO SANNO, NESSUN LO DICE - Lo stadio non sarà della AS Roma. Nel “Prospetto Informativo relativo all’offerta in opzione e all’ ammissione a quotazione sul mercato telematico azionario organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A. di azioni ordinarie di AS Roma S.p.A" si legge: “Lo ‘Stadio della Roma’ sarà autonomo ed indipendente rispetto alla Società”. Proprietarie dell’ intero futuro complesso di Tor di Valle (impianto sportivo, business park, aree commerciali) sono l’Eurnova del costruttore Parnàsi e AS Roma SPV LLC (vedremo dopo cosa indica), che s’impegnano a “realizzare il progetto stadio ed a concedere l’utilizzo dello stesso alla AS Roma, secondo i termini e le condizioni che saranno in seguito concordati tra le parti.” La AS Roma, in sostanza pagherà un affitto attorno ai 4 milioni di Euro l’anno (meno di quanto faccia oggi per l’Olimpico), ma avrà il ricavo della biglietteria più il 10% degli introiti per le altre attività dello stadio (per es. concerti o manifestazioni pubbliche). La AS Roma SPV LLG (società con sede nel Delaware,USA) controlla NEEP Roma Holding S.p.A. che, a sua volta, possiede il 79, 044% della AS Roma (la squadra di calcio). Pallotta non lo ha mai nascosto perché nessuno glielo ha mai chiesto. A loro volta, queste società sono riconducibili al Raptor Capital Management, un gruppo d’investimento finanziario Hedge Fund, cioè ad elevata remunerabilità collegata ad un alto indice di rischio. Bisogna anche aggiungere che la cosiddetta “società veicolo” (AS Roma SPV LLG) presenta, oggi, un rapporto debito/capitale assai equilibrato.

    Secondo alcuni, il non essere proprietaria del nuovo stadio sottrae proprio la società giallorossa al rischio d’impresa, che non appare certo basso, legato com’è alla necessità di costruire una quantità ingente di metrature commerciali e di servizi, perché  “da solo” lo stadio non si ripagherebbe. Ecco che rispunta, quindi, la necessità di un’ingente compensazione edilizia in seguito alla quale, comunque, bisognerà vedere come reagirà il mercato.

    Non basta, infatti, fare un bel progetto (oggettivamente le torri di Lebeskind sono tutto meno che “una colata di cemento” e il parco è ideato  da Andreas Kipar, uno dei più grandi paesaggisti al mondo; Dan Meis progettista dello stadio, negli USA è il numero uno per questo genere d’impianti) perché poi tutto vada in porto. Difficoltà politiche, difficoltà a trovare gli investitori, che arrivano solo in vista d’un copiscuo “ritorno” economico, difficoltà a far sì che il più grosso intervento edilizio/urbanistico della Capitale possa realmente sfociare in una speculazione  dalle proporzioni davvero notevoli. D’altra parte, il rischio è molto alto e i privati che se lo assumono non potrebbero fare altrimenti. Ma, accanto alla speculazione, vi sono anche i benefici, a carico degli stesi privati, di una riqualificazione della zona e la messa in sicurezza di un quartiere preesistente, quello di Decima, oggi sottoposto al rischio d’inondazione non da parte del Tevere, bensì dal Fosso di Vallerano.

    Si tratta di una difficile quadratura del cerchio, che, oltre a quelle politiche e urbanistiche contempla complesse operazioni bancarie e finanziarie a cui non è certo estraneo il costruttore Luca Parnàsi. Una delle ragioni per cui l’Unicredit comprensibilmente ( è meglio, infatti, aiutare i propri debitori, soprattutto per cifre assai alte) ha ristrutturato per oltre 400 milioni il debito di Parnàsi, è legata proprio alla realizzazione del progetto. Un progetto certamente di alto valore architettonico, ma anche difficile, ardito, complesso, rischioso…. 

    La domanda è: “Oltre al maggior calore dei propri tifosi, alla fine,  la Roma, quella che va in campo, quanto ci guadagna?”

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