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  • Addio a Valdir Peres, il brasiliano più odiato dai brasiliani

    Addio a Valdir Peres, il brasiliano più odiato dai brasiliani

    • Marco Bernardini
    Il suo cuore si è fermato senza più alcuna possibilità di riprendere il battito vitale. A sessantasei anni è così morto Valdir Peres, di professione ex calciatore nel ruolo di portiere e da qualche anno allenatore in Brasile. Se ne è andato nel mezzo del cammin della sua vita ad un’età in cui il peso delle fatiche anche psicologiche sopportate lungo il procedere quotidiano può diventare un fardello talmente insopportabile da piegare la resistenza fisica. Ed è possibile che nel caso di Valdir Peres un certo suo passato abbia giocato, ieri notte, un ruolo decisivo in tal senso.

    Di certo vi è che il giocatore brasiliano per trentacinque anni è stato l’uomo più odiato dai tifosi brasiliani i quali, vivendo il calcio alla stregua di una religione, sono inclini a esasperare ogni concetto di amore e di astio oltre i normali confini della ragione. Un "delitto" di lesa maestà alla maglia verdeoro che, secondo il popolo brasiliano, Peres aveva compiuto in un pomeriggio di caldo bestiale in Spagna. Nello stadio Sarria, che non esiste più, giocando quella che per lui sarebbe stata l’ultima partita con la maglia della sua nazionale, la quale gli era stata affidata dal tecnico Tele Santana che lo aveva preferito al collega Leao. Era il 1982. Per l’Italia del ritrovato Paolo Rossi fu un giorno memorabile. Per il Brasile, inteso come intera nazione e per la sua gente, una vera tragedia.

    Da quel momento in avanti la vita di Peres si trasformò nell’inferno in terra. Indicato come un reietto anche dopo tanto tempo. Un’ingiustizia, naturalmente, perché il responsabile della cacciata del Brasile dai Mondiali di Spagna non poteva e nè doveva essere esclusivamente lui. Certamente Peres non era quello che si dice un campione assoluto. Anche perché la tradizione dei portieri in Brasile, fino a quel punto e salvo rare eccezioni come quella di Gilmar, non era eccelsa. Nelle squadrette dei meninos de rua, per esempio, in porta veniva destinato il meno dotato tecnicamente. Eppure, malgrado ciò, Peres venne processato pubblicamente e condannato ad una sorta di esilio con tanto di infamia indelebile come un tatuaggio del disonore. L’Italia, da parte sua, lo ringraziò. E questo suonò come l’ultima delle beffe.

    Una desolante e brutta storia di fanatismo e di irriconoscenza, il cui ultimo capitolo è stato scritto l’altra notte dal cuore di Valdir Peres, che ha cessato una volta per tutte di far sentire il suono del suo pulsare. L‘augurio, gli possa arrivare fino dive si trova adesso, è che la gente del Brasile calcistico gli spedisca una ideale cartolina di scuse se non proprio di affetto. Sarebbe davvero il minimo.

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