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  • Allegri: 'Io nel nuovo ciclo del Milan, Conte in guerra come un videogame'

    Allegri: 'Io nel nuovo ciclo del Milan, Conte in guerra come un videogame'

    "Mi piace ricostruire, ma serve solidarietà. La strategia scelta è giusta, il vivaio conterà sempre di più. El Shaarawy e De Sciglio sono i giovani migliori d'Italia".
    Milan 2013, state Allegri: «Nuovo ciclo? Io ci sono: siamo già a buon punto. E se arrivasse un regalo...».
    Riconoscere i segni della vita, dice Massimiliano Allegri. «Ha presente L'Alchimista di Coelho?». Era pure uno dei libri preferiti di Leonardo. «Un bel libro. Ce n'è un altro che ho letto tempo fa, e parla di segni, di percorsi...Io seguo il flusso. Mi adatto a quello che capita. Sdrammatizzo, ma non mollo. Sono un testone anche se non sembra. E dico che la strada dei giovani è la strada giusta. Stiamo costruendo un nuovo Milan, è un'impresa che ha bisogno di tempo e passione». Sempre che i segnali buoni si ripresentino. A dare un'occhiata al 2012 che se ne va, Allegri può fare ciao con la manina e dormire contento. Non c'è stato molto di positivo nell'anno solare. «Perché? Io sono soddisfatto com'ero quando avevo una squadra per vincere».

    Tre flash: l'orrida partita di Champions a casa Arsenal, i quarti che sembravano in bilico; il gol non convalidato a Muntari; la sera in cui l'hanno chiamata a casa Berlusconi dopo la sconfitta con la Fiorentina. Scelga il peggiore.

    «Nei momenti difficili sono sereno e lucido. Quando è finito il primo tempo a Londra non ero preoccupato, perché sapevo che ce l'avremmo fatta. Al gol di Muntari ho sorriso».

    Mica tanto.
    «Garantisco. Vada a vedersi le immagini. E la sera che mi ha chiamato il presidente dopo Milan-Fiorentina più che teso ero dispiaciuto per la situazione di classifica che si era creata».

    Ha salvato la pelle più per merito di Galliani, di Berlusconi o suo?
    «Io con Galliani ho un rapporto splendido, tanto che a volte dicono che siamo fidanzati. Con il presidente mi confronto ogni settimana. Quanto a me, forse sono stato bravo a rasserenarli».

    Che cosa ha detto di speciale?

    «Di speciale nulla. Ho detto che saremmo usciti da quella situazione. Piano piano abbiamo imboccato la strada giusta, ma non siamo ancora solidi, come ha dimostrato la partita di Roma. Ci vuole tempo per ricostruire».

    E' più orgoglioso dei punti che ha fatto in questi anni, delle difficoltà che ha superato o dei giovani che ha lanciato?
    «Sono contento dei punti, anche se avremmo potuto averne qualcuno in più. E sono soddisfatto della crescita dei giovani e dei meno giovani: Bonera, Constant, Montolivo».

    Quindi chiude l'anno felice.
    «Chiudo l'anno con la consapevolezza di essermi adattato a situazioni diverse, e l'intelligenza sta nella capacità di adeguarsi. La strada scelta dal presidente è giusta: i giocatori da 6-7 milioni l'anno nessuno può più permetterseli in Italia. Nessuno che voglia stare dentro le regole del fair play finanziario. Poi, ci saranno anche società che chiudono con 60-70 milioni di disavanzo, ma sono fatti loro».

    Allude alla Juve?

    «Non alludo a nessuno. In Italia ci sono club che chiuderanno con i conti in rosso, ma come ho detto il Milan pensa ai fatti suoi ed è contento della filosofia scelta. Il settore giovanile sarà sempre più importante, e la sinergia fra società, prima squadra e vivaio sempre maggiore».

    Il suo rapporto con il capo del settore giovanile Filippo Galli com'è?
    «Ottimo, da quando sono arrivato. Nel settore giovanile sarà determinante trovare formule comuni e allenatori che vogliano essere insegnanti di calcio, non tecnici che usano i giovani come cavie per mettere alla prova se stessi. Secondo me dovrebbero esserci due corsi separati: uno per allenatore, uno per insegnante di calcio. Non si può usare i ragazzi come un trampolino, perché alla fine a loro tecnicamente resta poco o nulla».

    Ce l'ha con Stramaccioni, Montella, magari Inzaghi?

    «Non ce l'ho con nessuno. Esistono casi di ogni genere. Montella e Stramaccioni hanno avuto percorsi diversi, Inzaghi sta facendo il suo. Non c'è una verità unica. Dico solo che nel settore giovanile bisogna starci per scelta, insegnare con l'occhio al futuro, perché sono importanti i risultati, ma più che altro i giocatori che crei e che diventano una risorsa del club. Quanto alla figura di allenatore, essere al Milan è un altro allenare: posso dirlo perché l'ho provato sulla mia pelle. Un conto è avere a che fare con una squadra media, un conto dover vincere e gestire campioni. E poi c'è San Siro: la pressione di San Siro non c'è a Torino, né a Roma. A San Siro sono abituati a un Milan che ha vinto per un quarto di secolo e all'Inter che nell'ultimo decennio ha compiuto imprese storiche».

    I suoi ragazzi hanno sentito il peso di San Siro all'inizio?

    «Chi non lo avrebbe sentito? Ma abbiamo i giovani migliori d'Italia, El Shaarawy e De Sciglio, e buone basi. Abbiamo bisogno di tempo».

    Lei si sente pronto per aprire un ciclo?
    «Ho un contratto fino al 2014, ma ovviamente al Milan si sta bene e ci starei volentieri anche di più. L'impresa di tornare a lottare per il vertice in due o tre anni è stimolante».

    Ha avuto lettere da mandare a Babbo Natale?
    «Mio figlio Giorgio ha un anno, quindi non scrive. E Valentina ha passato l'età».

    Ma lei avrà chiesto regali a Berlusconi.

    «Vediamo che cosa succede in Brasile».

    Le dispiace di più se va via Pato o se va via Robinho?
    «Sono dispiaceri diversi: Pato ha potenzialità da Pallone d'oro, ma capisco che abbia bisogno di ritrovare la serenità che a causa degli infortuni, ha perso. E Robinho...cosa posso dire di Robinho. E' un giocatore di categoria superiore».

    Balotelli la convince?
    «Non mi piace parlare dei giocatori di altre squadre. Comunque è un peccato che non abbia ancora dimostrato tutta la sua classe e credo debba farlo in fretta, perché arrivare a trent'anni è un volo e a 28 spesso è già tardi. Non sempre è colpa degli altri: bisogna mettersi in discussione tutti, ogni mattina».

    Lei fa autocritica?

    «Sì. E poi nel calcio meno si pontifica e meglio è, perché non si sa mai cosa può succedere. Chi avrebbe detto che Mourinho si sarebbe trovato a 16 punti dal Barça?».

    Adesso è tornato di moda Ferguson: Conte è il Ferguson della Juve...
    «Allora vuol dire che Conte è già vecchio...».

    Lei si sente vicino a qualche grande allenatore?
    «Siamo tutti diversi e ognuno si pone come vuole, ma se non hai grandi giocatori... puoi avere tutte le idee che vuoi, cambia poco».

    A proposito di campioni, come si è lasciato con la vecchia guardia? Adesso può dirlo.

    «L'ho sempre detto. Io non ho mai avuto problemi. Confronti sì, non problemi. L'unico problema è che qualche volta Gattuso mi dà il pesce cattivo, ma io ho sette vite».

    Maldini ha detto a "Repubblica" che avete parlato di un suo ritorno in società, ma poi lei non si è più fatto vivo.
    «Era una mia idea di un paio di anni fa, ma non sempre le idee combaciano. Non è stato possibile, tutto qui. D'altra parte, non è facile decidere cosa fare dopo il calcio. Per chi è stato un fuoriclasse, azzerare e ripartire non è semplice».

    Quando ha visto il sorteggio europeo che cosa ha pensato, sempre che siano parole riferibili?

    «Ho pensato che forse saremo più fortunati rispetto a un anno fa, anche se questo Barça sta sbriciolando più record della stagione passata. Sarà un test importante per valutare la crescita della squadra a livello internazionale».

    Basta che faccia meno cambi di quanti ne fece a New York contro il Real l'estate scorsa, tanto per non fare arrabbiare Galliani...
    «Nelle coppe i cambi sono limitati, quindi parto avvantaggiato».

    Il personaggio del calcio 2012?
    «Dal punto di vista sportivo Messi. Umanamente, Abidal e Vilanova».

    Lo sportivo dell'anno?

    «Djokovic nel mondo, in Italia le ragazze del tennis».

    Lei è cambiato in quest'ultimo anno?
    «All'inizio ero molto arrabbiato, perché non trovare il bandolo della matassa mi mandava fuori di cervello...Non sopportavo di non avere il filo logico per ripartire, anche se sapevamo che ci sarebbero state delle difficoltà».

    Il suo carattere è cambiato in modo definitivo?
    «Ho dovuto perdere un po' di toscanità. Le battute le faccio al bar con i miei amici: se le faccio e me le trovo scritte sui giornali non sempre va bene, perché non sempre vengono capite».

    Si censura per evitare polemiche con Conte?

    «Conte sta facendo un bel lavoro, ha vinto quasi due scudetti, quindi niente da dire. Ma quando sento parlare di guerre mediatiche mi sembra di stare in un videogame. Personalmente non credo a guerre e congiure, e comunque parlo con i giornalisti anche se mi bastonano. Non si sa mai, magari salto una conferenza stampa e mi decurtano lo stipendio...».


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