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  • Auf wiedersehen Toni, gigante buono
Auf wiedersehen Toni, gigante buono

Auf wiedersehen Toni, gigante buono

  • Fernando Pernambuco
Domenica prossima sarà la sua ultima partita in A. Dopo oltre 20 anni di goal, spallate, spinte date e ricevute, capocciate, Luca Toni se ne va. Lascia un giocatore che ha segnato come pochi, ha vinto una Bundesliga col Bayern Monaco, un Mondiale con l’Italia, girando per almeno una decina di squadre, grandi e piccole in serie A.

Alto, fortissimo nel difendere la palla, Toni è stato un centravanti di lotta, ma non di governo. La buttava dentro in tutti i modi, spesso finendo in rete col pallone. Aveva, col calcio, quasi un impatto da rugbista: giocava buttandosi nella mischia, con la forza dell’inerzia dei suoi 88 chili. Difendeva il pallone e poi tirava. Anche quando un compagno era libero, lui tirava. Spinte, rimpalli: un ariete agile e dinoccolato che non sembrava fatto per il calcio, perché era scoordinato, sempre sul punto d’inciampare o cascare. Eppure quel fenicottero che non volava si è rivelato uno dei più prolifici centravanti degli ultimi tempi.

E’ stato capocannoniere per 2 volte, una in Italia col Verona l’anno scorso e una con il Bayern Monaco. Nel campionato mondiale del 2006 segnò una doppietta in Italia-Ucraina (3-0). Ovunque, un trascinatore. Non si fermava mai. Ci provava sempre. Sembrava il gregario che tira la corsa per 100 chilometri, incitando tutti ad andare avanti, a provarci, magari dopo un suo goal che portava la sua squadra dallo 0-4 all1-4.

Uno di carattere, di volontà, di forza e di sorriso. Toni aveva (ha) una faccia simpatica da ragazzo di provincia che non si scoraggia mai, un sorriso largo e luminoso. La battuta pronta, in nessun caso polemica. Quando gli dissero che il fisco tedesco esigeva da lui centinaia di migliaia di Euro perché aveva evaso la “tassa sulla religione” (pensate il Germania chi professa una fede deve versare una tassa alla chiesa di cui si dichiara credente) lui rispose: “Sono ateo!”. Peccato che i dirigenti del Bayern non potessero credere che esistesse un italiano “non cattolico”. Il processo finì con una sua assoluzione e con la condanna dei suoi commercialisti che non conoscevano questa norma.

Un grande cannoniere, ma non ha mai incantato fino in fondo, forse appunto a causa di quella sua corsa “un po’ così”, quei movimenti legnosi tipici di uno che si sgranchisce e che non salta mai l’uomo direttamente. Però di testa è stato veramente forte. A modo suo. Irrompendo nell’ area su tutto e tutti. Di tempia, di mento, di naso…Ogni tanto erano falli, perché la sua tendenza era colpire a qualsiasi costo.

Ha avuto momenti difficili, come la tragedia del figlio nato morto, che nel 2012 lo aveva indotto a ritirarsi dal calcio. Poi nel 2013 e nel 2014 arrivarono Bianca e Leonardo. Ultimamente non andava tanto d’accordo con Del Neri. Lo ha dichiarato lui stesso senza fare polemiche. Schiettamente. Col sorriso sulla bocca. Lascia, ma non per fare l’allenatore, perché chi allena “ogni anno invecchia di 5 anni”. Lui d’invecchiare non ne ha molta voglia. Preferisce continuare a sorridere.
 

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