Balotelli, lettera a cm.com: 'Mario vittima del pregiudizio degli arbitri'
Io non ci sto; perché quando ha colpa lui è sempre tutto amplificato.
Io non ci sto; perché quando ha ragione lui si minimizza sempre tirando fuori che è immaturo.
Io non ci sto; e se non lo faccio io, che personalmente non vivo nel mondo del pallone, non deve farlo nemmeno lui.
«Lui» in questo mio sfogo è ovviamente Mario Balotelli: fenomeno del calcio e fenomeno mediatico, campione di eccessi (positivi e negativi, s'intende) ma soprattutto ragazzo giovane e estremamente forte di carattere.
Perché se non sei estremamente forte di carattere; non resisti ai cori razzisti subìti già quando giochi nella Primavera dell'inter, non resisti ai fischi (spesso immotivati) della tua curva, non resisti lontano da casa in un ambiente che enfatizza in negativo ogni cosa che fai, non resisti alla pressione che porta (e sopporta) chi è il perno di una squadra.
Se non sei estremamente forte di carattere, non puoi essere Mario Balotelli.
Non puoi essere uno che si sente dare del «negro» a 16 anni da genitori (!!!) e tifosi della squadra avversaria.
Non puoi essere uno che si sente sommerso dai fischi dei propri sostenitori come fosse un avversario.
Non puoi essere un giovane italiano che arriva in Inghilterra con l'etichetta (ed il costo) del fenomeno solo perché «raccomandato» dal tuo ex allenatore.
Non puoi essere la punta di diamante di una squadra; con tutti gli annessi, i connessi e soprattutto i trattamenti «di favore» ricevuti in ogni partita da difensori ed arbitri.
Oltre ad un'eccessiva tutela nei confronti dei difensori centrali, liberi di sfogarsi senza quasi mai essere puniti come meritano (vedi Portanova-Pazzini), quello che ancor più mi irrita è la supponenza con cui la classe arbitrale «lavora», e le virgolette sono un obbligo morale.
Perché finché è un attaccante qualsiasi a dire che i difensori sono liberi di picchiarti senza essere sanzionati, lo si ascolta e magari gli viene data la ragione; se l'attaccante in questione è Mario, gli arbitri improvvisamente cambiano punto di vista e decidono che quasi tutto ció che subìsci è lecito.
Non si combatte il razzismo solo chiudendo le curve o invitando Boateng alla sede della Fifa, si combatte anche minando le basi che lo fanno proliferare e tra queste basi c'é, appunto, il pregiudizio.
In particolare il pregiudizio di una classe arbitrale che non ascolta, non ammette e soprattutto non paga gli errori commessi.
Perché se ti chiami «Banti», nessuno ti punisce quando non vedi (o non hai il coraggio di vedere) due rigori per il Milan; se invece ti chiami «Balotelli», meriti di essere espulso quando vieni accolto da un sorriso beffardo e derisorio di un direttore di gara e la tua unica colpa è aver chiesto per più di una volta di potergli rivolgere la parola e criticare la sua direzione di gara.
È questo il concetto di «autorità» che deve filtrare dal mondo del calcio? Un'autorità che punisce te ma non qualcunaltro perché non le va di seguire coerentemente le regole? Un'autorità che ti deride? Penso proprio di no, e per questo io sto con Mario.
Ed è ora di ammetterlo che gli arbitri si divertono a comportarsi come primedonne del calcio, quando in realtà non sono (o non dovrebbero essere) altro che semplici ruoli necessari allo spettacolo, come il «suggeritore»: pronto a bisbigliare le battute dalla botola quando gli attori di teatro perdono il filo, ma (coerentemente) dietro le quinte quando gli attori non hanno bisogno di lui.
Se è giunto fino a qui, La ringrazio di aver letto il mio pensiero e sfogo.
Giacomo Zobbio