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  • Barcellona, è finita l'era del tic e tac

    Barcellona, è finita l'era del tic e tac

    Una disfatta, un incubo, la fine di un ciclo. I giornali spagnoli non sono stati teneri, anzi, nel dipingere e raccontare la pesante caduta di Monaco. Non c'è dubbio che sia stato un passaggio di confine, per gli Invincibili, costretti a subire un'umiliazione più ancora di un k. o. contro i rivali del Bayern. Muller, Ribery, Robben e compagni hanno dato netta la sensazione di aver passeggiato sul sublime passato ma anche sull'incerto futuro di una squadra che ha fatto la storia del calcio. C'è da dire, però, che il Barcellona è abituato a cadere, magari rovinosamente, per poi rialzarsi come sanno fare soltanto gli uomini  e i club di carattere. Un ciclo si chiuse, praticamente, con un 4-0 incassato dal Milan. Dal Barcellona di Crujiff che pure aveva vinto tantissimo, ma sembrava ed era all'epilogo della sua grande epopea. Poi fu la volta del Barcellona di Robson, di Van Gaal, squadroni capaci di riprendersi la vetta del mondo, con i campioni più straordinari, da Figo a Ronaldo. Ma è con Guardiola, che di Barcellona e del Barcellona conosceva ogni angolo, che questo club leggendario si è ripreso un posto nella Storia.

    Gli Invincibili sono andati a mietere successi in ogni parte d'Europa e del mondo, con un gioco che è diventato un marchio di fabbrica. Un calcio apparentemente lento, metodico, capace di accendersi in un secondo soltanto. Triangoli in movimento continuo, per mantenere il controllo ed aprirsi improvvisamente poi un varco. Un fenomeno che qualcuno ha provato a imitare,

    tutti si sono messi a studiare. Un concetto di calcio che ha portato attenzioni e trionfi.
    Poi però qualcosa si è probabilmente inceppato, perché il Barcellona almeno da un anno non è più lo stesso. Ha dovuto metterla, addirittura, in certe occasioni sull'orgoglio e sul cuore, rinnegando il suo calcio tutto cerebrale. Uno stop, determinato da alcuni motivi facilmente decifrabili. Il Barcellona ha pagato l'addio del suo ispiratore, Guardiola, che ha probabilmente intuito in anticipo ciò che stava accadendo. Ha pagato  anche la malattia del suo nuovo allenatore, costretto a pilotare a distanza i suoi giocatori, in un feeling fatto di partecipazione e solidarietà, ma che probabilmente si è perso nei particolari.

    E quello che è stato il segreto dei suoi successo, è forse diventato anche il suo tallone di Achille. Quante volte abbiamo decantato la Cantera del Barca, esaltando i numerosi e grandi interpreti provenienti dal vivaio? Certo, un segno di forza, ma forse anche una debolezza. Visto che su quell'ossatura, il Barcellona non è riuscito a trapiantare i grandi acquisti degli ultimi anni. La crisi di rigetto c'è stata per Ibrahimovic, pagato a peso d'oro e rivenduto con una minusvalenza incredibile, e altrettanto è successo recentemente con Sanchez, acquistato a suon di milioni di euro e sul punto di essere rimandato in Italia. La nuova strada, insomma, sembra essere proprio quella del Bayern. I migliori prodotti del vivaio accompagnati però da stelle come RIbery, Robben e tanti altri. Un mix che diventa evidente anche dal punto di vista dell'epressione di gioco. Un calcio tecnico, ma altrettanto forte ed energico. E questo il calcio di oggi.


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