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  • Barimania:| Non ci resta che il derby
Barimania:| Non ci resta che il derby

Barimania:| Non ci resta che il derby

'Qui si mangia sempre pane e veleno. Anzi: solo veleno', direbbe il grande Totò. Riflessione amara, ma perfettamente calzante al momento che si vive a Bari. L'ennesima settimana di tensioni sta andando in archivio con la ciliegina del grave episodio avvenuto mercoledì al campo d'allenamento, invaso da un folto gruppo di tifosi che volevano spronare i giocatori, con modalità tutt'altro che urbane, a vincere il derby con il Lecce. Un avvenimento gravissimo che, purtroppo, si rivela specchio fedele della totale rottura dei rapporti tra piazza, società e calciatori. A tal proposito, la riflessione si concentra proprio sugli atleti biancorossi. Quando un campionato prende una piega così nefasta, è fin troppo scontato che a finire sotto processo sia la società, prima responsabile dell'allestimento dell'organico e delle scelte di dirigenti e tecnici. Tante volte il giudizio sulla squadra passa in secondo piano. Della serie: non è mica colpa dei giocatori se sono scarsi, è il club che li ha comprati. E fin qui, non ci piove.

Attenzione, però, ad attribuire a ciascuno le proprie responsabilità. Doverosa premessa: ai giocatori del Bari va tutta la solidarietà possibile per aver sopportato contesti obiettivamente pesanti senza, peraltro, scendere nel vittimismo. Tuttavia, la squadra (esclusi quegli undici ragazzi che si sono rivelati coscienziosi) ha perso almeno due occasioni per riabilitarsi agli occhi della gente. Innanzitutto sul campo, perché, malgrado mille vicissitudini, l'organico biancorosso non vale certo 21 punti in classifica. In secondo luogo, proprio a fronte di risultati indecorosi, i giocatori avrebbero dovuto, per una questione di dignità personale prim'ancora che di rispetto nei confronti del club, accettare la dilazione dei pagamenti. Sarebbe stato un modo per mettersi in discussione, per redimersi dopo una stagione da tregenda. Ma evidentemente davanti al dio denaro non c'è valore che tenga. Almeno per qualcuno.

E adesso? Le contingenze e le difficoltà del momento hanno momentaneamente congelato i discorsi sul futuro. Non si sa se la cordata di imprenditori locali acquirenti muoverà passi in tempi brevi, né si conoscono le intenzioni della famiglia Matarrese per la prossima stagione. Il match con il Lecce, con tutte le sue problematiche a livello organizzativo, ha calamitato l'attenzione generale. E allora non ci resta che il derby. Un'ultima occasione per concedere un'effimera e striminzita soddisfazione ad una piazza dilaniata dal dolore: vincere e provare a spedire gli 'odiati' cugini in serie B. Una prospettiva misera, in verità. Perché va riconosciuto al Lecce ciò che al Bari non è riuscito: ovvero, la capacità di lottare fino all'ultimo secondo. Nel nome del sano campanilismo, tuttavia, non c'è pietà che tenga. E allora che per una domenica tutti provino a dare il massimo. A cominciare proprio dalla squadra, nella speranza che non si sia dimenticata come si vince una partita. Togliamoci lo sfizio di battere il Lecce. Ma subito dopo, gambe in spalla. Chiunque possa, aiuti il Bari a tornare grande. Nel minor tempo possibile.

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