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  • Bernardini: da Gelli a Blatter, il calcio nelle mani della massoneria

    Bernardini: da Gelli a Blatter, il calcio nelle mani della massoneria

    Un altro capitolo della nostra storia si è chiuso, ieri, con la morte di Licio Gelli nella sua storica roccaforte di Villa Wanda, ovvero il luogo deputato a rimanere per sempre il sarcofago delle peggio cose che il nostro Paese abbia dovuto sopportare e subire. Con la scomparsa del “venerabile” cadranno inevitabilmente nel buco nero dell’irrisolto tutti i più contorti misteri d’Italia ance se, per alcuni, di misterioso vi è proprio nulla. Anche il gioco del calcio non si sottrae a questo elenco infinito. Il calcio mondiale, naturalmente, il cui primo padrone assoluto, inventore della parola d’ordine “vai dove ti porta il denaro”, fu il brasiliano Havelange. Insomma il padre morale, spirituale e ideologico del satanasso svizzero Sepp Blatter.

    La liaison tra il defunto “vecchio capo massone e ispiratore della P2” e il defenestrato presidente della Fifa è impressionante. Entrambi giovani “piazzisti” dalla parlantina facile e privi di scrupoli seppero comprare il mondo e cementare il potere con le armi dell’astuzia e del ricatto. Havelange era il loro padre spirituale. E il capolavoro del pallone asservito alla politica, alla finanza e alla dittatura venne realizzato nel 1980 in Uruguay dove si  svolse quello che era nato come “Mundialito”. Otto nazionali, se ben ricordo, a giocarsi un trofeo già assegnato il partenza e il cui esisto scontato era già stato sperimentato due anni prima nell’Argentina del dittatore Videla. Soltanto l’Inghilterra ebbe il coraggio, morale e civile, di chiamarsi fuori da quella vergognosa sceneggiata. L’Olanda, ignorando le proteste di piazza, si presentò a sostituirla. L’Italia pure, malgrado i forti appelli al boicottaggio di persone come Castagner e Santarini. L’Uruguay era una “squadretta” priva di consistenza. Un nanerottolo in confronto al Brasile e all’Italia di Bearzot. Caddero come birilli tutti gli avversari dei sudamericani, Tardelli e Cabrini ancora oggi ricordano le botte che dovettero subire. La finale fu una comica alla quale, malauguratamente, partecipò anche l’arbitro italiano Gonnella. La dittatura uruguaiana sventolava la sua bandiera sulla cima di un Mundialito che, per fortuna, venne poi cancellato.

    Fuori dal campo, uno scenario ancora più desolante e molto significativo. La Rai, per la prima volta nella storia, aveva perso l’asta per i diritti della manifestazione. Salvo le gare dell’Italia, il torneo sarebbe stato trasmesso da Canale 5 il cui presidente Fininvest, Silvio Berlusconi, possedeva la tessera della P2 numero 1812. La campagna a favore della Rete milanese fu promossa, con ogni mezzo, dalla “rosea” il cui editore e il cui direttore appartenevano anche loro alla Loggia. Per tutto il  tempo del Mundialito Licio Gelli e la sua famiglia vissero ospiti in un castello a Montevideo dove venivano dirette le operazioni “sportive”. Il calcio era un optional o, meglio, ancora lo strumento attraverso il quale allacciare rapporti con quei Paesi la cui immagine andava “lavata”. Il tornaconto, per i manovratori massoni, era a dir poco miliardario. Una lezione che Blatter imparò con scrupolo e cura certosini, perfezionandola ancora di più in quanto a malaffare ed estendendola all’intero pianeta. Ora Gelli, per palesi motivi, non potrà più dire nulla. L’augurio e che anche Blatter sia stato imbavagliato per sempre. E, soprattutto, che non abbia eredi.

    Marco Bernardini

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