Bianchi alla Roma| 'Rodriguez è un vero affare'
LA COMMOZIONE - Clemente tira su col naso, gli occhi si riempiono di lacrime. Attimo di imbarazzo. «Scusate... ma sono sensibile, capitemi... stare qui è il massimo. Se penso a mio padre, morto quattro anni fa, se penso a tutti i sacrifici che io e la mia famiglia abbiamo passato perché io arrivassi fin qui...».
IN NAZIONALE - In Sudafrica. Davanti a questo Argentina-Germania. E con un futuro, forse, nella Roma. Dieci anni fa era un fallito. Adesso è qui e dividela camera con Martin Palermo. Figlio di un operaio e di una donna delle pulizie, con quattro fratelli, Clemente nel '99 giocava ancora in quinta serie nella seconda squadra di un club chiamato Los Andes. A diciotto anni se sei un uovo sodo, non vai né su né giù vuol dire che alla fine andrai giù. Lui lo pensò fino a quando un ex giocatore del Velez, Abel Moralejo, lo segnalò all'allora tecnico del Boca Juniors, Carlos Bianchi. «Dissi che poteva provare per noi - racconta adesso l'ex tecnico, commentatore per la tv e Radio France International in spagnolo - lo visionai quattro mesi e notai che era bravo, piccolo ma tosto, potevo farlo giocare sia a destra sia sinistra. Lo tenni». La vità cambiò in fretta: da non essere considerato dall'allenatore del Los Andes, a essere scelto dal tecnico del primo club di Baires. Rodriguez fece la fortuna del Boca e di Riquelme, a cui serviva palloni perfetti dalla fascia, dove arrivava sempre a velocità supersonica. Vinse titoli in Argentina, poi l'Intercontinentale contro il Milan.