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    Borioni: questa Juve ha paura

    Stiamo scoprendo un volto inedito della Juventus, almeno se rapportato alle ultime stagioni: questa squadra ha paura.

    Fa effetto, perché gli scudetti conquistati a ritmo di record, con vantaggi sempre siderali sulle avversarie, avevano forgiato nel gruppo bianconero un carattere sempre più solido, tenace, e una personalità tipica delle grandi squadre. Tanto che per affrontare alla pari un’avversaria così, bisognava mostrare altrettanta sicurezza. E chi quella fierezza non ce l’aveva, rischiava di crollare: accadeva spesso.

    Ora tutto sembra cambiato. Le squadre ospiti dello Juventus Stadium danno l’impressione di aver accantonato ogni timore reverenziale. Osano. E centrano la loro missione. In campionato il Frosinone che pareggia nel finale e in Europa il Borussia Moenchengladbach che si chiude e non corre rischi.

    D’accordo, la Juve di Allegri ha cambiato assetto, soprattutto si è privata di tre protagonisti nel vivo del gioco (Pirlo-Vidal-Tevez), ma è normale che Agnelli dica che niente può giustificare il 14° posto in classifica. Perché in effetti la qualità della rosa resta alta. Eppure la gara di Champions contro i tedeschi ha confermato ciò che già si intuiva: in fase offensiva mancano sbocchi, addossare l’intero compito di aprire spazi a Cuadrado non è la scelta migliore, l’azione della Juve risulta lenta e imprevedibile. 

    Questo dipende fondamentalmente da fattori psicologici. Detto che la qualità resta – dite quello che volete ma tutti gli interpreti d’attacco ce l’hanno, compreso Zaza – allora si capisce che la squadra gioca con la paura addosso. Bastava vedere la gara di mercoledì: ogni volta che si apriva uno spazio, il bianconero che in quel momento portava palla puntualmente non lo vedeva. Decine di passaggi o assist mancati, in favore di appoggi laterali se non all’indietro, oppure di passaggi intercettati. Questa è paura, preoccupazione di sbagliare. Chiamatela come volete. Pogba – che pure piano piano sta crescendo – sbaglia puntualmente la giocata perché non è sereno; Morata cerca conclusioni improbabili perché vuole strafare; Alex Sandro non sa più fare cross per gli stessi motivi. E non mancano altri esempi. 

    Da cosa dipendono questi condizionamenti? Dal fatto che all’interno della società non tutto fila liscio come in passato. Certe sbandate si ripercuotono sul gruppo. E certo, anche Allegri ci mette del suo: come giocherà Rugani quando sarà chiamato in causa? Giudicato troppo giovane per mettersi in gioco in una Juve non al meglio, non sentirà forse il peso della responsabilità? E se a Dybala viene imposto di fare la seconda punta, lui che i gol li sa creare in area, l’argentino come farà a sbloccarsi, con quei pochi spezzoni di partita che sta ottenendo? 

    Il tempo può aiutare questa squadra, giovane e confusa, a ritrovare punti di riferimento. Ogni gara rappresenta un banco di prova e anche un passo avanti. Il problema è che per rivincere il campionato (partendo con l’handicap) ci vorrebbe ben altro.

    Luca Borioni

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