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  • Borioni: Juve, il dopo Allegri? Sousa

    Borioni: Juve, il dopo Allegri? Sousa

    Paulo Sousa è il presente della Fiorentina, è stato il passato della Juventus e in futuro... chissà (nel senso che per molti tifosi bianconeri potrebbe rappresentare una degna alternativa ad Allegri, nell’ideale e futuribile scia dell’ex compagno di reparto Conte).

    La sfida dello Juventus Stadium, cruciale per il campionato, è una partita su cui si allunga inevitabile l’ombra del carismatico allenatore portoghese. Non solo per le sfaccettature tattiche, che pure sarebbero numerose: la filosofia di Sousa coincide con un calcio di possesso, con la costruzione del gioco in un’ottica propositiva che un po’ si scontra con l’idea basilare di Allegri, più orientato a un’azione di contrasto, di opposizione e ripartenza, di eccellenze singole e gestione del risultato ad ogni costo. Sousa a Torino, seduto sulla panchina dei rivali in maglia viola, rievoca vecchi fantasmi, non tutti rassicuranti in chiave juventina.

    A cominciare dallo spettro della famigerata Triade. Perché è storia nota quella del primo grande colpo di Moggi alla Juventus, proprio il portoghese, prelevato dallo Sporting Lisbona per 10 miliardi di lire. Fu un super acquisto per la prima Juve di Lippi: un regista dotato di tecnica elegante e una lucida visione di gioco. Per certi versi un Pirlo ante-litteram. Moggi lo aveva seguito e trattato dalla stagione precedente, quando ancora era il responsabile di mercato della Roma di Sensi. Chiuse subito l’affare, ma poco dopo trovò l’accordo con gli Agnelli per trasferirsi alla Juve dove lo attendeva un ruolo da direttore generale. E allora l’affare Sousa in giallorosso (sarebbe stato l’erede ideale di Falcao) iniziò a slittare e slittare, fino alla firma del portoghese davanti allo stesso Lucianone, Bettega e Giraudo (gossip vuole che una procedura simile abbia riguardato anche Ferrara, trattato a lungo dalla Roma con il Napoli e approdato infine in bianconero via Moggi).

    Sousa nella Juve ha vinto lo scudetto del 1994-’95, quello atteso da 9 lunghi anni. L’anno dopo ha conquistato nientemeno che la Champions League nella finale di Roma contro l’Ajax. È stato dunque un protagonista di valore, un personaggio non banale. Perfettamente funzionale a una squadra potente, irresistibile, guidata con freschezza ed entusiasmo da un ancor giovane Lippi. Ma poi, dopo appena due anni, ecco la separazione. Inattesa, non preventivata. Secondo modalità brusche, tipiche della Juve targata Triade. Sousa scaricato al Borussia Dortmund perché condizionato dagli infortuni, non più efficiente, e pure coinvolto in gossip amorosi.
    E invece destino vuole che nella finale di Champions dell’anno dopo la Juve debba incontrare proprio i tedeschi di Dortmund, e perdere clamorosamente contro l’ex centrale, specializzato nel gioco geometrico ma anche nel recupero dei palloni, dote da centrocampista moderno. Uno smacco. Un po’ come il ritorno di Sousa in Italia, per vestire la maglia dell’Inter.

    Poi le mille esperienze in giro per il mondo, gli studi approfonditi da tecnico. Un’apparizione con le vecchie glorie della Juve e, subito dopo, il rituale “chi non salta è bianconero” alla presentazione dei tifosi viola nel raduno estivo. Tutto è concesso a Sousa. Anche di conquistare la recalcitrante Firenze con la sua voce e i suoi concetti profondi, senza eccessi, con stile, con serenità. Un mezzo miracolo, un capolavoro. Che è anche nella concretezza della sua Fiorentina. Rivelazione del campionato, un gruppo unito e solido come quella Juve di Lippi. Un modello di bel gioco difficilmente eguagliabile da questa Juve di Allegri. Una sfida per lo scudetto vera e propria, mai così equilibrata. Che partita ne uscirà? Siamo curiosi di scoprirlo. Perché in un modo o nell'altro anche il futuro di Sousa e Allegri finirà per restare segnato da questo confronto.

    Luca Borioni

     

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