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  • Brasile 2014: il Mondiale dei numeri 10

    Brasile 2014: il Mondiale dei numeri 10

    Il 10 è da sempre un numero magico capace di trascinare insieme a sé classe, talento, estro e potenza. Un numero che il calcio ha storicamente saputo fare suo nel ruolo del fantasista, quel giocatore in grado, con i suoi colpi di prendere sulle proprie spalle il peso dell’intera squadra o, nel caso dei Mondiali di intere nazioni. Il 10 dei Diego Maradona, Pelè, Michel Platini, Ferenc Puskas, Zinedine Zidane e Roberto Baggio, quel numero magico caduto nel dimenticatoio nell’ultimo decennio della storia del calcio mondiale tanto legata alla concretezza e alla tattica, ma che lascia sempre meno spazio alla creatività. Ma nei Mondiali di Brasile 2014, nel Mondiale della tecnologia anti gol fantasma, dello spray per le punizioni e, probabilmente, anche l’ultimo senza telecamere in campo, il dieci, el diez per dirlo in lingua ispanica è tornato finalmente di moda.

    I 10 DA SOGNO - Il talento emergente di James Rodriguez sta stregando il mondo intero. A soli 22 anni con la maglia della Colombia e 5 gol segnati in questo Mondiale è il vero trascinatore dell’intero paese dei cafeteros. La sua maglia è la più venduta, a lui sono stati dedicati canzoni e balletti (come quelli che lui e i suoi compagni mettono puntualmente in scena ad ogni marcatura) e i suoi gol e assist sono di una bellezza rara nella schematicità di questo calcio. Alle sue spalle sta correndo insieme alla rivalità storica delle proprie nazioni il 10 di Neymar Jr e di Lionel Messi. Quella fra questi due fenomeni del Barcellona è la finale annunciata di questa competizione. Un duello che potrebbe porre fine all’annosa questione legata alla grandezza di Pelè e Maradona che hanno fatto grandi Brasile e Argentina (rispettivamente) in differenti periodi storici. 4 gol a testa e una responsabilità incredibile sulle proprie spalle che, finora, entrambi hanno saputo gestire al meglio da veri uomini-simbolo di queste nazionali.

    LA FACCIA VINCENTE DEL 10 - Ma vestire la maglia numero 10 non significa soltanto colpi di classe e fantasia al potere. Il 10 è un calciatore che sa dialogare con i compagni, andare in gol quando è possibile, ma principalmente sa costruire gioco con e per la squadra. Bryan Ruiz è l’esempio concreto di quanto sia stata fondamentale, in questo Mondiale, la presenza all’interno del reparto avanzato di una seconda punta in grado di dettare i tempi di gioco. Ruiz è il protagonista (insieme a Campbell ovviamente) del miracolo della Costa Rica, e se Giovani dos Santos con il gol di ieri ha rischiato di segnare la storia negli ottavi contro l’Olanda è stato l’altro 10, Wesley Sneijder a garantire alla nazionale oranje di poter continuare a sognare. Anche la Francia che ha avuto la meglio questa sera sulla Nigeria grazie a Karim Benzema riesce a dare più respiro alla manovra offensiva. Il tutto senza dimenticare il Belgio di Hazard e l’Algeria di Feghouli.

    LA MANCANZA DEL 10 - Ma l’importanza della presenza di un vero numero 10 in campo in questa edizione dei Mondiali appare ancor più evidente analizzando quelle squadre che non hanno saputo affidarsi a questo genere di giocatore. A casa, insieme all’Italia di Prandelli, che ha scelto di affidare il suo 10 ad Antonio Cassano (salvo poi schierarlo in campo solo per alcuni scampoli di partita senza possibilità di incidere) ci sono il Portogallo con Vieirinha, la Croazia di Modric, la Spagna di Fabregas, l’Inghilterra di Rooney, il Giappone di Kagawa e la Russia di Dzagoev. Tutti giocatori che hanno fatto fatica ad imporsi e a trascinare la propria selezione. Quello di Brasile 2014 è sicuramente il Mondiale dei Mondiali, ma il campo ha confermato che questo è tornato ad essere il Mondiale dei numeri dieci.

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