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  • Brasile: alle Olimpiadi l'ultima chance per una nazionale che non fa più storia

    Brasile: alle Olimpiadi l'ultima chance per una nazionale che non fa più storia

    • Francesco Morrone
    Il Brasile che si appresta ad ospitare i prossimi Giochi olimpici di Rio de Janeiro è una nazione al collasso, alle prese con una grave crisi economica e con l’incubo del virus Zika. Ma l’ossessione più grande della patria del futebol è un’altra: vincere la medaglia d’oro con la nazionale olimpica di calcio. È l’unico trofeo che al Brasile è sempre sfuggito, visto che alle Olimpiadi ha collezionato solo tre argenti e due bronzi.

    Ma stavolta è diverso, si gioca in patria. E l’imperativo è scontato: in casa non si può fallire. Non di nuovo, almeno. Perché la sconfitta umiliante per 7 a 1 in semifinale ai mondiali contro la Germania è una ferita ancora aperta. Un trauma profondo da cui non sarà facile riprendersi del tutto. Ecco allora che per una squadra scopertasi improvvisamente normale, vincere la medaglia d’oro rappresenterebbe un parziale sollievo dopo tante delusioni.
     
    Del resto, gli ultimi quattro anni della Seleçao sono stati un autentico disastro. Il declino è iniziato alle Olimpiadi di Londra del 2012, quando il Brasile era la super favorita per la vittoria finale ma riuscì nell’impresa di farsi soffiare la medaglia d’oro dal Messico. Ancora oggi resta inspiegabile come abbiano fatto Neymar, Thiago Silva, Marcelo e compagni a perdere quella finale. Come se non bastasse, due anni dopo ecco la batosta contro i tedeschi nei mondiali di casa. Il risultato fu uno shock collettivo, aggravato dalla consapevolezza che il calcio brasiliano ormai non fa più storia. Nel 2015 è poi la volta della Coppa America in Cile, e anche in questa occasione è la disillusione a farla da padrona. Nei quarti di finale, infatti, i verdeoro perdono ai rigori con il modesto Paraguay e si ritrovano sbattuti fuori contro ogni pronostico.
     
    Proprio quando sarebbe stata utile una bella pausa di riflessione, c'è da giocare subito un’altra Coppa America, stavolta quella del Centenario negli Usa. Ma negli States la squadra di Dunga riesce a fare addirittura peggio, venendo eliminata ai gironi in un gruppo con Perù, Ecuador e Haiti. Stavolta, per lo meno, i brasiliani hanno l’attenuante di essere stati defraudati da un gol segnato con la mano dai peruviani e non visto dall’arbitro. Più che una “mano de Dios”, insomma, una “mano de Adiòs”. Il terremoto provocato dalla disfatta statunitense, però, non si fa attendere: il ct Dunga viene esonerato e Tite diventa il nuovo allenatore. Ma che la Copa America non fosse il reale obiettivo estivo della federazione lo testimonia il fatto che la stella più brillante del momento, Neymar, sia stato risparmiato per la competizione sudamericana proprio in vista delle Olimpiadi. La presenza a Rio del campione del Barcellona è la prova che il Brasile fa sul serio, e intende conquistare a tutti i costi l'unico grande riconoscimento internazionale che gli manca.

    Accanto a Neymar ci sarà una squadra niente male, con giocatori come Marquinhos, Felipe Anderson, Gabriel Jesus e Rafinha. Anche stavolta arrivano da favoriti. E anche stavolta la finale si giocherà al Maracanà. Proprio come 66 anni fa, quando contro ogni pronostico il Brasile perse con l’Uruguay la finale dei Mondiali in quello che sarebbe passato alla storia come il “Maracanazo”. Forse per i brasiliani è meglio non dar retta a chi dice che la storia si ripete sempre due volte. 

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