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  • Buffon esce a valanga su Tavecchio: già così è una mezza sconfitta

    Buffon esce a valanga su Tavecchio: già così è una mezza sconfitta

    Al rientro dalle vacanze si ritrova con un nuovo allenatore e un metodo di lavoro completamente diverso. Come vive la rivoluzione?

    «Ci sono stati parecchi cambiamenti, ma dopo un percorso fantastico con gli stessi uomini al comando un avvicendamento è anche fisiologico».
     
    La Juve è passata dal sistema militaresco di Conte a un approccio più disteso con Allegri: cambio brusco.

    «Ognuno ha il proprio carattere, non c’è una formula che certifica la vittoria, altrimenti sarebbe stata brevettata. C’è il sergente Van Gaal e poi c’è Ancelotti che cerca il contatto diretto ed entrambi sanno come si arriva al successo».

     Lei preferisce il sergente o lo stile Ancelotti?

    «Mi sono trovato bene con entrambi gli approcci perché ho ricevuto un’educazione che mi ha aiutato al rispetto dell’autorità. Sta ai giocatori capire come riuscire a interagire con l’allenatore per dare il meglio. Ancelotti diceva che il tecnico deve stare dentro al gruppo, non sopra, Allegri è così ed è una qualità che mi piace: se il giocatore riesce a dare qualcosa in più lo fa anche per certe intese».
     
    Una parte della tifoseria bianconera ha vissuto l’addio di Conte come un segno di ridimensionamento.

    «Conte incarnava lo spirito ultras ed è stato suo grande merito se siamo risorti in modo così prepotente, ma il tifoso della Juve si diversifica dagli altri perché ha un tratto di continuità nella proprietà, lì sta il marchio di fabbrica».
     

    Totti ha detto che stavolta la Roma è da scudetto. Che risponde?

    «Dopo il campionato dell’anno scorso partono dall’entusiasmo e dalla consapevolezza di essere stati competitivi e di essersi rafforzati. Ai nastri di partenza sono al nostro pari».
     
    La Champions è un competizione d’élite come sosteneva Conte o un obiettivo possibile?

    «Determinati investimenti pesano, chi ha una disponibilità economica sfacciata è avvantaggiato. Però negli ultimi due anni abbiamo visto due finaliste come Borussia Dortmund e Atletico Madrid, non delle superpotenze. Alcune volte le sorprese esistono, anche se è strano definire come una sorpresa l’ipotesi della Juve in finale»
     
    Forse oggi sarebbe una sorpresa vederci qualsiasi italiana.

    «Purtroppo è così».
     
    Dopo il fallimento mondiale lei ha detto che bisognava ripartire da zero. Invece si parte dal caso Tavecchio.

    «La frase delle banane era e resta infelice, poi è stata strumentalizzata, ma non è quella a essere determinante. Il futuro del calcio dipende da un cambiamento radicale, da programmi molto più precisi. Già il fatto che ci sia un’atmosfera così è una mezza sconfitta, vediamo se entro l’11 agosto la sconfitta diventa intera».
     
    Tavecchio ha come minimo dimostrato di essere un pessimo comunicatore. Lo considera bruciato?

    «In questa diatriba quel che mi dà più fastidio è chi insiste a sostenere a priori qualcuno perché è convinto di avere aiuti in futuro. Se non cambia nulla da qui all’11 tutti noi dobbiamo sentirci collaborazionisti della deriva: giocatori, giornalisti e chiunque graviti intorno al calcio. Levare certe poltrone e cambiare certe logiche di potere che ormai sfiniscono non può essere così complicato. In politica ci provano e nello sport pure, il nuovo presidente Coni ha idee e si presenta come un riformista. Chiunque sia eletto deve avere lo stesso vigore nel trasmettere un senso di responsabilità a chi si ostina a lottare per l’interesse di bottega».
     
    Si vede in un futuro da politico dello sport?

    «Chi lo sa, sarei autorevole perché la mia storia calcistica è importante e ho l’umiltà per capire che non basta. Servirebbe esperienza e tirocinio per non essere una marionetta in mano ad altri».

     Ha superato l’amarezza mondiale?

    «Io non mi infradicio la maglietta di lacrime, mi infradicio l'anima».
     
    Sembra peggio.

    "Lo è, sono uno di quelli che soffre di più per le disavventure calcistiche. In Brasile abbiamo perso tutto, avevamo l’opportunità di rendere orgoglioso il nostro paese in un momento difficile e siamo usciti in modo indecoroso. Non so ancora le vere motivazioni di una debacle simile ma sono d’accordo con De Rossi: si vince con gli uomini e non con le figurine».
     
    Balotelli è una figurina?

    «Nel mio sfogo dopo l’eliminazione non mi riferivo a un singolo. Non ci serve un capro espiatorio. Solo che mi infastidisce ancora il sistema di condizionamento di certi media: si esalta il giovane prima che questo giocatore abbia concretizzato qualcosa in carriera. Io parto dal 2010, da quando si chiedeva piazza pulita. Ma che vuol dire largo ai giovani? Pirlo che è il più forte al mondo deve stare a casa? Non digerisco questa voglia di pompare un nome appena uscito, magari solo per far alzare il cartellino del prezzo».
     
    Immagino che vedere la foto di Balotelli con il fucile al rientro non le abbia fatto piacere però.

    «Non mi è mai interessato quel che fanno i compagni a casa loro. Io da ragazzo ne ho combinate di ogni ma in campo mi hanno sempre trovato. A me interessa l’affidabilità». 
     

    La nazionale di basket ha scritto una lettera per esprimere il disagio davanti all’abbandono del ritiro di Hackett. Nel calcio sarebbe possibile?

    «Ho apprezzato l’urgenza di chiedere spiegazioni senza la paura che spesso abbiamo noi. Li ho invidiati. Noi del resto dobbiamo tutelarci, la stessa cosa nel calcio avrebbe creato reazioni spropositate, non sarebbe stato nemmeno giusto».
     
    Vedrebbe Conte come ct?

    «Dovrebbe modificare il suo lavoro perché non avrebbe il tempo per essere così maniacale eppure conoscendolo la nazionale potrebbe essere una nuova sfida».
     

    Avete preso in giro Pirlo dopo l’arrivo di Allegri?

    «Eravamo tutti in vacanza e non c’è stato tempo. Però non ho mai capito i dubbi: se anche avessero avuto dei problemi certe situazioni tra uomini si risolvono con poche frasi, magari con una battuta».
     
    Estate tribolata per il calcio ed estate al centro del gossip per lei. Per una volta avrebbe preferito essere un signor nessuno?

    «No, perché non avevo nulla da nascondere, non ci sono segreti sulla mia relazione, i paparazzi sono il prezzo da pagare, ma non ho vissuto invasioni barbariche. E per fortuna i miei figli sono troppo piccoli per leggere i giornali scandalistici».
     
    Giulia Zonca per La Stampa

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