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  • Calcio d'addio, saluta mezzo Milan e mezza nazionale mondiale

    Calcio d'addio, saluta mezzo Milan e mezza nazionale mondiale

    Il lungo addio è finito, siamo all'ultimo calcio. Alcuni lo sapevano, altri no, ma la fine della carriera (con la squadra di cui erano stati bandiere o protagonisti) era cominciata a settembre. Alcuni spegneranno la luce in panchina, o in tribuna. Mette tristezza, ma almeno non lascia dubbi sul fatto che sei diventato una mascotte (copyright Gattuso), un ex (Inzaghi) o un intoccabile (Grosso).

    Domenica 13 maggio 2012 se ne va un bel pezzo dell'Italia Mondiale 2006. Cinque (più uno) campioni in un colpo solo cambiano maglia e cambiano vita. Tira molto il Milan (4), segue la Juventus (1 più 1). Rossoneri: Rino Gattuso (9/1/ 1978) Filippo Inzaghi (9/8/1973); Alessandro Nesta (19/3/1976); Gianluca Zambrotta (19/2/1977). Juventini: Alex Del Piero (9/11/1974) e, dimenticato nelle retrovie, Fabio Grosso (28/11/1977). La situazione, ovviamente, è fluida. Non si tratta dello stesso tipo di addio.

    Sindrome da eccesso/eccessi del modo di intendere il pallone in Italia: Alessandro Nesta. Fosse dipeso dal Milan, resterebbe un altro anno. Ma il mezzo servizio non esclude lo stress: «I ritmi sono elevati e se non posso sentirmi importante preferisco stare a casa». Tra gli ammainati è quello con le maggiori possibilità di sistemarsi in America (New York, Red Bulls).

    Sindrome da rifiuto dell'orso di peluche: Rino Gattuso. Vuole giocare un altro anno, magari in Italia (escluse Inter e Juve). Venerdì si è incontrato con Adriano Galliani. «È arrivato il momento di farmi da parte, ma è solo un arrivederci, tra un anno vedremo. Galliani mi ha lasciato il cd di Fausto Leali: Mi manchi». Alla fine di questa gita fuori porta vorrebbe tornare come osservatore/talent scout. L'ad rossonero, dopo avere prepensionato un altro monumento è andato a cena con Max Allegri ad Arcore da Silvio Berlusconi. Vertice di mercato (e altro) a cui, seppur invitata, ha preferito non partecipare Barbara Berlusconi. Per rispetto dei ruoli.

    E la sindrome da rispetto del (suo) ruolo di rapace ha portato SuperPippo Inzaghi a lottare fino all'ultimo contro lo sguardo degli altri, convinto di graffiare ancora qualche gol da aggiungere al montepremi (125). Ha scritto una lettera ai tifosi: «Ho giocato e vinto per Noi. Giocare e vincere senza condividere le emozioni è nulla». Un po' come la sindrome della potenza senza controllo, quella che sconta Gianluca Zambrotta, che, a differenza di Inzaghi, non ha annunciato il ritiro. Come Nesta e Gattuso, vorrebbe proseguire, da qualche parte.

    Zambrotta e Inzaghi si ritroveranno con altri campioni del mondo (da Cannavaro a Materazzi, da Giovanni Galli a Gilardino), pensionati o no, sui banchi di Coverciano (14 maggio-7 giugno) per ottenere il patentino Uefa e poter allenare in Prima e Seconda divisione o nella Primavera. Ci sarà anche Fabio Grosso (sindrome mi spezzo ma non mi piego) dal 2010 separato in casa alla Juve. E a Torino c'è il caso più eclatante, quello della vera sindrome da lungo addio: Alex Del Piero.

    La sua fine è nota dal 18 ottobre 2011. Però avrà un supplemento il 20 maggio, nella finale di Coppa Italia: è sempre sceso in campo dal primo minuto. Conte, probabilmente, gli regalerà la «titolarità» anche domani contro l'Atalanta. Per lui, come per altri di questi Campioni Dismessi, c'è l'orizzonte esotico di un campionato lontano, Oriente, America, Giappone. Unica certezza: Alex vuole giocare, ha scritto pure un libro di successo per ribadirlo.

    L'eccezione che conferma la pensione? Francesco Totti (27/9/1976), sempre legato alla Roma, più che mai. Ha visto passare la salma dell'ennesimo allenatore che, all'inizio, lo guardava storto. Una volta era la specialità anche di Del Piero.

    E a questi campioni italiani se ne aggiungono alcuni stranieri che hanno lasciato il segno. Tornano a casa Mark van Bommel (22/4/1977), Kakha Kaladze (27/2/1978, che rinuncia a un anno di contratto con il Genoa e a 800 mila euro), Ivan Ramiro Cordoba (11/8/1976). Saluta anche Clarence Seedorf (1/4/1976), la panchina non fa per lui.


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