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  • Calcioscommesse:|'Portanova non rischia'

    Calcioscommesse:|'Portanova non rischia'

     

    Avvocato Bordoni, tracciamo innanzitutto un quadro della situazione: in quale contesto è avvenuto il coinvolgimento di Daniele Portanova nell’inchiesta calcioscommesse?

    “L’attenzione è stata posta sulla gara Bologna-Bari della scorsa stagione, terminata 4-0 per il Bari. A margine di questa partita  ci sarebbero stati dei contatti fra Daniele e un giocatore del Bari, che sappiamo essere tra quelli ‘investigati’ nell’ambito di questa vicenda: quei contatti dovevano essere chiariti perché ombre o dubbi a riguardo non dovevano più esistere. I chiarimenti che Daniele ha dato e le azioni difensive che ho fatto tempestivamente, quindi prima di rivolgerci ai carabinieri di Bari delegati dal pubblico ministero e non parando dopo il tiro, ci hanno consentito di fare veramente luce su tutto facendo uscire Daniele come uomo e giocatore limpido e lontano da qualunque tipo di discorso antipatico e violazione, anche soltanto di natura sportiva”.

     

    E rispetto a questo quadro, quali sono le novità?

    “A fronte dell’interrogatorio che è stato reso lunedì della scorsa settimana e che ci ha consentito di chiarire alcuni aspetti, c’è stato un carteggio con il procuratore federale per un’eventuale audizione di Daniele quando saranno completate le vicende di natura penale di cui si occupa la Procura di Bari. Procura alla quale, peraltro, ho chiesto di stralciare la posizione di Daniele, perché si tratta di elementi marginali e molto lontani da qualunque idea di poter accusare il giocatore rispetto a quanto emerso sui giornali. Penso che il pubblico ministero di Bari debba ascoltare questo mio invito, definire la situazione di Portanova e consentirgli di fare chiarezza anche davanti al procuratore federale. A quel punto, almeno per lui la vicenda sarà del tutto chiusa, come è doveroso. Per il resto, è una vicenda molto ampia e dal punto di vista investigativo ancora aperta”.

     

    Daniele come sta?

    “E’ sempre stato serenissimo, come lo sono tutte le persone che sanno di non aver fatto assolutamente nulla di storto. E’ ovvio che quando si viene chiamati a rispondere di ipotesi di reato allarmanti, in un contesto in cui non si sa nemmeno perché vi si viene scaraventati, c’è amarezza e ci sono sentimenti non positivi. Ma non viene meno la serenità, perché si sa perfettamente di non aver fatto niente di diverso da quello che avrebbe dovuto fare una persona perbene, leale, corretta e uno sportivo, secondo me di grande valore, come Daniele”.

     

    L’omissione di denuncia dell’illecito sportivo, può causare danni a Portanova e al Bologna?

    “Sicuramente sì, visto che ci sarebbe una serie di conseguenze sia per il giocatore che per la società. Credo però che, oltre alla vicenda penale – che non ha fatti per essere ritenuta, nei confronti di Daniele – anche quella sportiva sia poca cosa. L’omissione di denuncia ha una sua configurazione specifica, e per quello che ha raccontato, in maniera molto serena e dettagliata, Daniele non ritengo si possa prospettare per Bologna-Bari. Sono dell’idea che chiuderemo bene tutte e due le parentesi, sia quella ordinaria che quella sportiva, in modo che sia Portanova che il Bologna non avranno conseguenze”.

     

    Allargando il discorso, il procuratore De Martino ha notato una situazione talmente endemica all’interno del mondo del calcio da parlare della necessità di un’amnistia. Il mondo del calcio a sua volta ha reagito, prendendo le distanze da questo malcostume. Come valuta questa situazione?

    “Trovo le espressioni del procuratore intempestive, e mi lasciano un po’ perplesso. A mio avviso le situazioni andrebbero analizzate nel loro complesso e soltanto alla fine, eventualmente, si possono trarre certe considerazioni. E’ vero che viviamo in un Paese in cui ogni giorno ci sono scandali o pseudo tali per cui risulta difficile pensare che il calcio sia un’isola felice in cui tutto funziona perfettamente e non ci sono criticità, ma fare affermazioni così generalizzate su un malcostume così diffuso è un tipo di atteggiamento che non condivido”.

     

    Lei non è nuovo ad inchieste di questo tipo che si sono svolte in passato. Vede analogie?

    “Mi sono occupato, e mi occupo ancora, della vicenda del 2006, che peraltro mi ha lasciato perplesso e, per certi versi, molto amareggiato. Anche in quel caso sembrava ci fossero chiarezze monolitiche e certezze assolute, poi in realtà quando si sono sviluppate le indagini e ci sono stati i processi sportivi e soprattutto quelli penali, si è capito che larga parte dell’indagine non aveva colto nel segno e qualcuno ha detto che si poteva piuttosto allargare in altri settori. Anche in questo caso il processo è ancora aperto, ci sono sentenze che devono ancora essere scritte e fino a quando non sarà tutto finito credo che fare considerazioni radicali in un senso o nell’altro non sia prudente”.

     

    E’ possibile ipotizzare dei tempi per la chiusura dell’inchiesta sul calcioscommesse?

    “I tempi possono essere variegati, a seconda delle configurazioni di reato che alla fine verranno ipotizzate. Più si sale, dal punto di vista della rilevanza penale dei fatti, più i tempi di prescrizione sono lunghi e più le indagini preliminari possono avere proroghe. A mio avviso c’è l’esigenza di non dilatare troppo i tempi, anche da parte delle Procure, che non dovrebbero guastare un meccanismo come quello del calcio. Credo che verso la fine della stagione, o durante l’estate, qualcosa debba essere definito, in modo che la prossima stagione si apra con scenari più sereni e senza rischio di incursioni”.

     

    Chiudiamo la partentesi giudiziaria. Lei è non solo avvocato, ma anche tifoso: un tifoso sfegatato della Lazio.

    “Il lavoro mi assorbe moltissimo tempo, e se non mi preservassi almeno qualche spazio di quel retaggio da ragazzo sarebbe mortificante. Non ho mai rinnegato il mio passato di tifoso e di ultrà, che concepisco nella maniera più sana del termine. Mi ritaglio gelosamente quindi un po’ di spazio per il calcio, anche se da anni non frequento più la mia curva. In particolare da quando Paolo Di Canio, uno dei miei più cari amici, ha lasciato la Lazio e l’ha fatto non benissimo. Proprio per la mia mentalità da ultrà, ho pensato di non andare più a vedere la Lazio: lo faccio solo quando viene a Bologna”.

     

    A proposito di tifo: qual è il suo parere sulla questione-tessera del tifoso?

    “La analizzo dal punto di visa delle forme di prevenzione, che sinceramente vedo con occhio distante e perplesso. Un conto è la repressione quando qualcosa c’è già stato e un conto è la repressione generalizzata, che cade su tante persone, la maggior parte, che non intendono violare alcunché e che di fatto  si vedono pregiudicati in quelle che sono libertà assolute. Quando avevo 15-20 anni andavo volentieri a vedere le partite in trasferta, sia con amici che da solo. Se avessi incontrato le mille difficoltà che incontro ora quando penso di accompagnare mio figlio, tifoso del Bologna, mi sarei sentito ghettizzato senza aver fatto niente: e questo non è accettabile né dal punto di vista giuridico né sociale. Poi bisognerebbe vedere quanto effettivamente abbiano inciso questi periodi di tessera del tifoso, ovvero se almeno avesse risolto il problema della tifoseria violenta e degli scontri con le forze dell’ordine: e non so quanto sia davvero avvenuto. Se fosse stato un elemento così efficace, perché lo si toglie dopo appena due stagioni? Lo si fa  perché non era efficace, perché si vuole andare incontro ad altre esigenze o perché c’è di mezzo il vezzo tutto italiano di cambiare nome per cercare di ridare linfa a  un qualcosa che, in prima battuta, non ha dato il risultato sperato? In ogni caso c’è quella perplessità di fondo sul metodo: alle persone che non hanno fatto niente viene impedito di seguire la loro squadra in trasferta. E’ qualcosa di antipatico anche nei confronti dello sport”.

     

    Qual è il suo ricordo più bello di una trasferta?

    “Il gol di Nedved a Birmingham, visto che non è facile vedere la Lazio in Europa e tantomeno in una finale. L’anno prima avevamo preso delle gran ‘legnate’ dall’Inter, e non era stato un viaggio particolarmente esaltante, mente quello di Birmingham lo fu. Restando in Italia, il gol di Simeone a Torino contro la Juve, anche perché apriva la strada allo scudetto”.

     

    Facendole rimettere i panni da avvocato, è mai stato impegnato in una difesa che l’ha colpita negativamente?

    “Nell’ambito dello sport no, non ci possono essere difese così brutte. Nell’ambito dello sport, per le persone che ho difeso e che sono coinvolte in vicende ancora da definire, si tratta di situazioni che esprimono profili lontani da cose talmente gravi da urtare anche il difensore. Per quanto riguarda le vicende che si sono definite, invece, si sono chiuse tutte positivamente e quindi ho avuto anche il piacere di difendere persone che erano chiamate a rispondere di fatti non sussistenti o comunque con delle giustificazioni. Fermo restando che un legale non deve avere l’approccio del cittadino, deve fare il suo lavoro di difensore, che è costituzionalmente garantito, e deve avere un approccio per cui deve chiudere dentro le implicazioni di ordine morale, almeno che non siano talmente prepotenti da portare ad evitare una difesa”.

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