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  • Cari genoani, adesso basta!
Cari genoani, adesso basta!

Cari genoani, adesso basta!

  • Giampiero Timossi
"Ditemi perché?". Canterebbero così Elio e le Storie Tese. E quella del Genoa sì, è tornata a essere una storia molto tesa. Un momento difficile che si vorrebbe forse trasformare in una tragedia. E allora “ditemi perché?”. Perché sì, ritengo sacrosanto attaccare i diktat di una tifoseria che ho spesso apprezzato, con la quale mi sono duramente scontrato nei mei anni genovesi, che mi ha dedicato insulti più o meno coloriti, ritenendomi a torto un "infame" sampdoriano, mentre la maggior parte dei sampdoriani rispondeva ricordandomi che anche io "dovrò morire" come accade decisamente a ogni essere umano. E allora ditemi perché sento che è giusto difendere un signore che si chiama Enrico Preziosi, che fa il presidente del Genoa, un uomo che ha cercato di rendere impossibile la mia ultima esperienza lavorativa a Genova, così come la penultima, rispondendo con il fuoco a quello che ho sempre cercato di fare, semplicemente il lavoro del giornalista, non sempre benissimo, ma sempre al meglio delle mie capacità.

Ditemi perché mi sento di dire che Preziosi ha ragione, parere non richiesto, sicuramente non gradito, neppure al signore di Avellino. Semplicemente perché Preziosi ha le sue ragioni, che per me vanno rivendicate in questo momento, quando lui sceglie di fare quello che una persona coraggiosa decide di fare, rivendicare i diritti e rispettare i doveri: quelli di pagare comunque gli stipendi, di sistemare i conti con l'Iva non versata (mai detto che si trattasse di un santo o di un cittadino modello e non lo dirò certo loro), di costruire con abilità una squadra che aveva acchiappato sull'orlo del fallimento per trascinarla subito in serie C, avendo la tenacia, l'orgoglio e la rabbia di riportarla in A e tenercela con un'assiduità prima impensabile e garantire più gioie che dolori, pure un salto in Europa e sarebbe pure stata Champions se a prevalere non fossero state alchimie balzane. Dieci anni di Serie A  e dieci volte grazie, a chi ci ha messo più soldi degli altri. Vero, Preziosi fa sempre ciò che “cazzo vuole”, decide di accettare un altro pasticcio e così l'ultima possibilità di partecipare all'Europa League viene negata, ai tifosi, alla squadra e pure a lui.

Ne ha combinate molte, ma alla fine è diventato genoano dentro, non solo fuori, con inni inventati o corse ad abbracciare la Nord che non si potevano né ascoltate né vedere. E da genoano ci mette i soldi, per alcuni troppo pochi, per me tanti, se penso al mio estratto conto, comunque abbastanza per garantire sempre la Serie A, il palcoscenico più importante, a una città di circa 580.000 abitanti, quasi la metà di quelli che ha Torino. Genova delle due squadre (così vi offendono tutti), dove non resta altro che Genoa e Sampdoria in mezzo a un deserto che il mio amico Luca Borzani definisce “sconsolante”, rischiando così di non accettare la candidatura a sindaco di Genova e sapendo (pure lui) che il direttore di Palazzo Ducale non solo sarebbe un ottimo candidato, ma anche un eccellente sindaco. E allora ditemi perché? Perché i genoani che, come i sampdoriani, vivono in larga misura a Genova non vogliono rendersi conto di questa sconsolante verità, capire che se ne andrà anche Preziosi non potrà essere meglio, ma peggio. Non ci sono arabi, americani, cinesi, indiani o russi in coda al casello di Genova Ovest, almeno a me non risulta. E allora i genoani, quelli che hanno lanciato l'ultimatum, per me sbagliano. Ne sono sicuro, al cento per cento. Sbagliano quando vorrebbero ordinare “al Presidente Preziosi che, contestualmente alla salvezza del Genoa, lo stesso annunci il nome dell’Advisor che sarà incaricato di trattare la cessione del Genoa 1893 insieme alle sue dimissioni da presidente dello stesso, con un gesto che verrebbe apprezzato perché simbolico di una volontà di liberare il volo del Grifone verso per lo meno sogni di traguardi meno umilianti degli ultimi prospettati. Rimaniamo uniti domenica, non andiamo allo stadio". Chi siamo, chi sono per dire una cosa del genere? Se ci fosse ancora il mio amico Pippo Spagnolo mi toglierebbe il saluto per almeno un mese e forse stavolta non mi eviterebbe due "pattoni",due schiaffoni, come invece ha fatto mille volte, iniziando da una notte davanti allo stadio di Ancona, una delle tante notti nelle quali il Grifo rischiava di precipitare in Serie C. Perché questa è la "nostra" storia, quella di chi tifa Genoa o di chi, come il sottoscritto, l'ha seguito per tanti anni. Questo è il Genoa, “con un presidente come Preziosi che avrà i suoi difetti, ma al quale devo grande riconoscenza, che non è mai entrato nello spogliatoio per dirmi chi devo far giocare e che di calcio capisce sicuramente come pochi”. No, questo non l'ho detto io, non devo nulla al presidente del Genoa. Questa è una confidenza che mi ha fatto qualche mese fa Gian Piero Gasperini, nei corridoi di corso Sempione, quando già volava con l'Atalanta. Era ospite della Domenica Sportiva, voleva convincermi che Preziosi era il bene del Genoa. Più o meno c'è riuscito.

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