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  • Cesena, Beretta:| I problemi e la medicina

    Cesena, Beretta:| I problemi e la medicina

    Primo esame per Mario Beretta sulla panchina del Cavalluccio, e davanti c’è il più ostico dei professori. Il Chievo ha costruito in meno di 15 anni di A la nomea di squadra compatta, tosta, capace di risalire sempre la china. Il Cesena deve fare lo stesso, ma in... 15 gare: fare in tre mesi quel che non s’è fatto in sei è impresa ardua ma non impossibile.
    Beretta, oggi la sua prima volta sulla panchina bianconera: è emozionato?
    «Credo che sia normale provare un po’ di tensione. Il che non vuol dire stress, e questa notte spero proprio di riuscire a dormire. E’ come quando ci si prepara per un esame all’università: se si ha studiato, la coscienza è a posto».
    Come ha trovato la squadra in questa prima settimana di allenamenti?
    «Chiaramente stiamo attraversando un periodo non facile. Altrimenti non si spiegherebbero l’ultima posizione in classifica e il terzo cambio di allenatore della stagione. Però, sul campo la squadra ha lavorato bene, con impegno e attenzione, il che è esattamente quello che chiedo io».
    Il Cesena è passato da un allenatore che predicava il gioco per vie orizzontali come Giampaolo ad uno che chiedeva la verticalizzazione veloce come Arrigoni. Tra queste due filosofie di gioco lei quale sceglie?
    «Io sento di appartenere più alla seconda categoria. Abbiamo giocatori troppo bravi nell’attaccare la profondità per non cercare subito il lancio o la verticalizzazione immediata. Detto questo, con la squadra ho potuto muovere solo qualche concetto di base, anche perché sono convinto che solo il risultato potrà alzare il morale dell’ambiente».
    Tra il Cesena e il risultato c’è però il Chievo di mezzo. Lei ha allenato i gialloblu nella stagione 2004-2005, venendo esonerato a tre giornate dalla fine: che ricordo conserva di quell’esperienza, la sua prima in A?
    «Fu una stagione strana: benissimo all’inizio, poi cominciarono le difficoltà e la società decise di cambiare a tre giornate dalla fine. Ma non serbo rancore. Anzi, con i dirigenti ho mantenuto un ottimo rapporto: furono Luca Campedelli e Giovanni Sartori a offrirmi la prima panchina in A, di questo ancora li ringrazio, ma domani (oggi, ndr) spero di dare loro un dispiacere. Chi temo del Chievo? Facile, Pellissier».
    Ha già deciso quale formazione manderà in campo?
    «No, ancora no. Devo fare le ultime valutazioni, ancora non ho deciso se schierare la difesa a tre o a quattro. Da questa scelta dipenderanno molte altre valutazioni, specie sul centrocampo, perchè in attacco è chiaro chi giocherà».
    Mutu e Iaquinta. Come stanno, e cosa si aspetta da loro?
    «Iaquinta l’ho visto molto bene, credo che si sia calato con lo spirito giusto nella realtà di Cesena. Per me questo basta, perchè non ci sono dubbi sulle sue qualità. Per quanto riguarda Mutu, posso dire che da lui mi aspetto molto, non perchè non abbia già fatto il suo, e i 7 gol sono lì a dimostrarlo, ma perchè dovrà dare ancora di più».
    Un bel rebus in queste ultime giornate è Antonioli: i recenti errori lo condizioneranno?
    «Non penso, Francesco ha troppa esperienza per lasciarsi influenzare dalle partite passate. Conto su di lui, non dimentichiamo che errori e brutte prestazioni sono molto più lampanti quando tutto gira storto».

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