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  • Che nessuno tocchi Trapattoni!

    Che nessuno tocchi Trapattoni!

    • Marco Bernardini
    Ricordo che il giorno delle nuove investiture per le testate giornalistiche della tivvù di Stato, commentai con entusiasmo la nomina di Romagnoli a direttore di Rai Sport. Il suo essere osservatore totale della realtà quotidiana e la sua sensibilità di eccellente scrittore dovrebbero rappresentare una valida garanzia per una svolta se non proprio radicale almeno consistente per la navigazione nel Mare Nostrum dell’informazione e della formazione sportiva. Mi rendo conto delle difficoltà che un qualsiasi dirigente, anche il più preparato, è chiamato ad affrontare in un settore le cui posizioni acquisite dai rispettivi dipendenti non sempre sono legittimate dalla competenza e dalla bravura ma dalla spartizione delle quote partitiche. Per, come si dice, “rivoltare il calzino” occorrono tempo, pazienza e coraggio. Anche perché il materiale umano e professionale non porta più i nomi di Zavoli, Ghirelli, Barendson, Valenti, Rosi, Frajese, Viola e Tortora tanto per citare alcuni tra i cavalli di razza che ci seppero raccontare lo sport facendoci innamorare. Tant’è, uno dei pochi e forse l’unico format di qualità eccellente proposto dalle reti Rai rimane “Sfide”. In ogni caso siamo in attesa e la speranza è ancora viva.

    Certo è che il direttore Gabriele Romagnoli, dopo un buon esordio da cittì con il ripescaggio di Jacopo Volpi da qualche scantinato nel quale era stato curiosamente riposto come un vuoto a perdere, ha pubblicamente esordito con un'inaccettabile “gaffe”. L’intenzione di cancellare la figura di Giovanni Trapattoni dal palinsesto dei prossimi europei come seconda voce a commento delle partite che giocheranno gli azzurri. Un atto che, se realizzato, equivale ad un’operazione insensata sia a livello popolare e sia dal punto di vista dell’eleganza.

    La motivazione per giustificare il clamoroso “taglio” puzza di ipocrisia lontano un miglio. Il “porca puttana” scappato di bocca al Trap con i microfoni aperti è evento risibile rispetto alle parolacce e agli epiteti che il telespettatore ha dovuto udire in diretta anche dalla voce di irreprensibili e paludati conduttori dei Tiggì. L’accusa di bestemmia, poi, è un falso. Per cinquant’anni io insieme a tanti miei colleghi anche televisivi abbiamo sentito il mister esclamare “porcozio” nei momenti di maggior tensione agonistica o durante gli allenamenti. Ferma restando la credibilità trapattoniana come solido credente che mai si permetterebbe di nominare invano il nome del dio nel quale ha fede, l’allocuzione in causa fa parte di un intercalare pressoché inconscio come il “diolargo” al quale ci ha abituati Dino Zoff, il “belin” ligure, il “socmel” emiliano, il “figa” lombardo e il “minchia” siciliano. Dunque se il defenestramento di Giovanni fosse basato su questo equivoco si tratterebbe di una scelta assolutamente pretestuosa.

    Ma c’è di più per sostenere il Trap e per difendere la sua immagine affinché nessuno lo tocchi. Il suo modo di proporre il commento della partita esce sicuramente dagli schemi tradizionali e, per fortuna del telespettatore, non si basa su interventi tecnicisti o su banalità farcite di luoghi comuni profusi da tanti “ex” calciatori e mister di vari canali che irritano e basta. “Vai…forza…tira…adesso…dai che ce la facciamo…bravo…ma no!”. E’ anche questo il “Trap-pensiero” in diretta audio. Ed è esattamente lo stesso che nei salotti e nelle cucine di tutte le nostre case fa da colonna sonora alla partita di pallone. La semplicità e la spontaneità di Trapattoni sono esattamente come le nostre. Senza maschera. Mettere a tacere la voce del mister che in Germania hanno accolto come un capo di Stato vorrebbe dire zittire tutti quanti noi. E Romagnoli questo dovrebbe capirlo.
     

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