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  • Chelsea: Villas-Boas esonerato al posto di Abramovich, colpevole d'assenteismo

    Chelsea: Villas-Boas esonerato al posto di Abramovich, colpevole d'assenteismo

    La figura del manager "all'inglese" il padre-padrone onnipotente in stile Sir Alex Ferguson ha indubbiamente il suo fascino.  Ma non fa per tutti. Basta chiedere ad Andre Villas-Boas, uomo solo - e non certo al comando - in casa Chelsea.
    L'esperienza del giovane tecnico portoghese è una sorta di vademecum sul come NON comportarsi. E la colpa non è di Villas-Boas (anche se, sul campo, ha anche lui le sue responsabilità) ma bensì del club. Anzi, visto che le decisioni importanti le prende una persona sola, Roman Arkadyevich Abramovich, le responsabilità sono del magnate russo.

    E' lui che ha aspettato la fine di giugno per ingaggiare Villas-Boas, sganciando sì 15 milioni di penale al Porto, ma solo dopo un futile corteggiamento di Guus Hiddink, tutt'ora 'consigliere ufficioso di Abramovich).  E cosi' Villas-Boas si è presentato in grave ritardo sul mercato, raffazzonando una campagna acquisti tanto costosa quanto affrettata.

    E, spesso, senza capo ne coda. Un'esempio su tutti: Fernando Torres, mister 60 milioni,  è l'uomo di Abramovich e la squadra deve essere costruito intorno a lui (questa l'unica indicazione del club a Villas-Boas). Benissimo. Ma allora perchè non cedere gli ultratrentenni Didier Drogba e Nicolas Anelka e i loro mega-ingaggi? Invece sono ancora lì ad intasare il reparto avanzato e togliere spazio a un giovane come Romelu Lukaku (costato 25 milioni) che però non gioca quasi mai, perché davanti a lui c'é la fila. Perché non sono stati ceduti visto che le offerte non mancavano? Perché, si dice, Abramovich è un loro fan.  E piacevano ai suoi figli. Roba da botte piena e moglie ubriaca.

    Ma la cosa inquietante è la totale assenza di una società forte. Vero, forse in Italia si esagera, i dirigenti parlano più dei giocatori e degli allenatori.  Però al Chelsea è l'opposto. Il presidente Bruce Buck, avvocato di fiducia di lunga data di Abramovich parla poco (e per giunta in legalese)  e conta ancora meno. L'amministratore delegato Ron Gourlay viene dal commerciale e i tifosi non sanno manco come è fatto perché non si vede mai e non si fa mai intervistare.  Abramovich si vede spesso, lui sì, solo che, si sa, a parte regalare sorrisi dalla sua suite a Stamford Bridge non rilascia dichiarazioni, ne' ufficiali, ne' ufficiose.

    E così è Villas-Boas che deve gestire tutto. Solo soletto. Guardandosi le spalle. Sotto l'ombra di Hiddink, sempre a portata di cellulare di Abramovich.  Un po' come è capitato ad Ancelotti lo scorso anno. Solo che Carletto è un allenatore esperto e navigato. Villas-Boas, vale la pena ricordarlo, due anni fa era un osservatore che non aveva mai allenato una squadra di calcio. A volte, essere un grande club significa anche essere una grande società, capace di farsi sentire.

    GABRIELE MARCOTTI

    Inviato di calcio internazionale per il Times e corrispondente da Londra del Corriere dello Sport-Stadio. Collabora con varie testate internazionali tra cui La Stampa, il Glasgow Sunday Herald, Sports Illustrated, Titan Sports e il Melbourne Age.  E' opinionista per i network televisivi ESPN e ITV.  Ha scritto "The Italian Job" assieme a Gianluca Viallli, l'autobiografia di Paolo Di Canio e la biografia di Fabio Capello. Ma, soprattutto, è di Cusano Milanino, il paese del Trap.

    Potete seguirlo su Twitter @marcotti


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