Chievomania: c'era una volta il Chievo
Gli anni d'oro, tuttavia, sembrano essere andati. Il Chievo volato in Europa è lontano ricordo. Nelle ultime stagioni la truppa del presidente Luca Campedelli si è trovata a lottare tra quelli che stanno sospesi. I motivi? Molteplici. Innanzitutto, il club veronese non è quasi mai riuscito a piazzare, come in passato, colpi davvero interessanti sul mercato. Ricordate il primo Perrotta? Corradi? Marazzina? Amauri? Obinna? Pure Costant? Gente alla ricerca del rilancio e motivatissima. Oppure giovani talenti che prendi a poco e vendi a tanto.
Il mercato in entrata ha riservato poche liete novelle e più di un clamoroso flop. Il Chievo si è trovato ad essere squadra tecnicamente modesta, fatta di pedalatori volenterosi tutto muscoli e grinta. Ma niente di più. Il valzer degli allenatori ha prodotto una serie incredibile di cambiamenti in corsa. L'esito è stato sempre positivo. Ma l'impressione è che non sia stata mai creata l'opportunità per creare un progetto tecnico a lunga scadenza. Di Carlo ha fatto miracoli. Ma non c'è stata un'epoca Di Carlo. Stefano Pioli è passato veloce. Eugenio Corini è andato a bersaglio, salvo non essere riconfermato. Per essere, poi, richiamato in tutta fretta.
Oggi il Chievo ha un leader. Rigoni. E ha trovato nei gol di Paloschi la speranza. La squadra resta tuttavia di modesta qualità tecnica individuale. Difende e si copre. Riparte spesso con difficoltà. Non trova facilmente la via del gol. Non regala facili entusiasmi. Naviga comunque al di sopra della linea del pericolo. E questo basta e avanza, probabilmente, per affrontare sempre a testa alta l'avventura della A. La Favola, però, era un'altra cosa. Destinata, come tale, a durare lo spazio di una stagione. Poco più. Altrimenti, che Favola sarebbe stata?