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  • Cori contro Morosini, stadi barbari: caro Tommasi, i giocatori fermino le partite

    Cori contro Morosini, stadi barbari: caro Tommasi, i giocatori fermino le partite

    Caro Damiano Tommasi, presidente dell'Associazione Italiana Calciatori

    Conoscendo la sua sensibilità, i suoi valori morali, il suo impegno nelle attività sociali a favore del prossimo  penso che, come tutti, sia rimasto sconvolto dai cori barbari intonati a Livorno contro Piermario Morosini da alcuni ultrà dell'Hellas Verona, una delle due squadre della sua bellissima città.

    E, poichè sappiamo che lei condivide la campagna perchè un altro calcio sia possibile,  come dimostra la sua costante partecipazione a qualunque iniziativa promuova il fair-play e la correttezza in campo e sugli spalti, anche lei sarà inorridito leggendole cronache dell'ultimo week end che, purtroppo, sono state pessime non soltanto da Livorno.

    Cori e insulti ignobili che le tifoserie di Juve e Napoli si sono scambiati durante la sfida di Torino tanto che Walter Mazzarri ha affermato: "Chi sbaglia deve pagare. I cori che ho sentito a Torino sono una vergogna, gli organi competenti devono fare il loro lavoro. E' inaccettabile se lo fanno sia i nostri tifosi sia i fan della Juve".

    E ancora: aggressioni di ultrà bianconeri ai tifosi napoletani, sputi, insulti e minacce da una parte e dall'altra, in un intollerabile crescendo di inciviltà, maleducazione, violenza. Per non dire di altri ignobili cori: contro i Caduti dell'Heysel, contro le squadre del Nord e quelle del Sud, in un groviglio di ignoranza e di bestialità che non conosce bandiere.

    In attesa di sapere che cosa faranno i fatidici "organi competenti", signor Tommasi, ci vuole un segnale forte e questo segnale forte devono lanciarlo i calciatori che Lei presiede.

    Da anni, assistiamo al penoso scaricabarile tra Federazione, Lega, arbiri, autorità di pubblica sicurezza su chi debba sospendere la partita in caso di manifestazioni di orrenda inciviltà, com'è successo a Livorno e come succede spesso in troppi stadi senza che nessuno sospenda mai nulla.

    E nè i daspo né le multe nè le temporanee squalifiche del campo o di settori di uno stadio  nè lo degno e le condanne unanimi risolveranno la faccenda una volta per tutte.

    Sono i giocatori che possono imprimere la svolta. Essi possono dare un contributo fondamentale perchè la situazione finalmente cambi: in caso di manifesta disumanità dei barbari da stadio, si fermino. Dicano: noi in queste condizioni non giochiamo più. 

    Come ha ricordato stamane su calciomercato.com l'ex arbitro Chiesa, Livorno-Verona doveva essere fermata. Non è successo nulla,  nonostante il regolamento parli chiaro, comma 6 articolo 62 Norme Organizzative Interne Federali: "... il responsabile dell'ordine pubblico, qualora rilevi, oltre a striscioni offensivi esposti dai tifosi, cori, grida e ogni altra manifestazione discriminatoria costituenti fatti più gravi, può ordinare all'arbitro, anche per il tramite del quarto ufficiale di gara o dell’assistente, di non iniziare o sospendere la gara. La sospensione non può superare la durata di un tempo (45 minuti), da passare, per giocatori e arbitro, in mezzo al campo qualora non si debba entrare negli spogliatoi per un clima troppo arroventato. Se la situazione non migliora dopo il termine previsto, l’arbitro può dichiarare chiusa la partita, con gli organi di giustizia sportiva che poi adotteranno le sanzioni previste dall’articolo 17 del Codice di Giustizia Sportiva (sconfitta  a tavolino per 0-3)".

    Ha scritto stamane su L'Eco di Bergamo, la città di Morosini, Roberto Belingheri, capo dei servizi sportivi del quotidiano: "La partita non si deve fermare perchè lo decide il questore: il vero salto di qualità si verifocherà contro queste mafie da curva quando saranno i calciatori a ribellarsi. Quando sarà un capitano a prendere la palla e a dire che non è dignitoso giocare in uno stadio in cui s'infanga la memoria di un ragazzo morto su quella stessa erba...". Parole sante.

    Se saranno i giocatori a ribellarsi alla vergogna e, insieme con loro gli allenatori, forse vivrà la speranza che mai più nessuno, in Italia, vada allo stadio per insultare un ragazzo di 24 anni morto sul campo o per fare il razzista o per minacciare, intimidire, spaventare il prossimo che ha il difetto di tifare per un'altra squadra.

    Signor Tommasi, aspettiamo una sua risposta.

     

    Xavier Jacobelli

    Direttore Editoriale www.calciomercato.com

     

     

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