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  • 'COSI PORTAI RONALDO ALL'INTER' Branchini racconta tutto: lo sgarbo del Barça, l'ansia di Moratti, i Rangers...

    'COSI PORTAI RONALDO ALL'INTER' Branchini racconta tutto: lo sgarbo del Barça, l'ansia di Moratti, i Rangers...

    • Carlo Pallavicino
    (I 20 anni di Calciomercato.com
    Puntata numero 2: il 1997)


    “Ronaldo non aveva alcuna intenzione di lasciare Barcellona”: inizia così il ricordo di Giovanni Branchini, che assieme a Reinaldo Pitta e Alexandre Martins compì nel 1997 il “trasferimento dell’anno”, quello del più forte giocatore al mondo dal Barcellona all’Inter. “Sì, stava bene a Barcellona, bellissima città, una stagione formidabile, con la consacrazione a livello mondiale del proprio talento a soli 20 anni.”

    Era arrivato appena dodici mesi prima dal PSV Eindhoven: “Ronnie conquistò immediatamente tutti”, ricorda l’agente italiano. I dirigenti blaugrana già prima di Natale proposero di allungare il contratto e blindarlo, eliminando la clausola liberatoria che Branchini aveva preteso al momento della stipula del contratto che legava Ronaldo al Barça.

    La clausola (un'assoluta novità per l'epoca) dava infatti la possibilità al Fenomeno di svincolarsi al termine di ogni stagione sportiva con prezzo e modalità prefissate così da evitare gli equivoci che generava il famoso Decreto Real 1006.  Questo decreto infatti rappresentava il diritto per ogni "lavoratore dipendente" spagnolo di rescindere il proprio contratto pagando "personalmente" un indennizzo al datore di lavoro Ovviamente era pensato per altre tipologie di dipendente e quindi con cifre ben diverse rispetto a quelle del mercato calcistico.

    Branchini e gli agenti brasiliani volevano garantire a Ronaldo questa possibilità qualora in futuro avesse deciso di cambiare squadra, ma senza che ciò prestasse il fianco a rischi di tipo fiscale.

    “Il problema era dovuto al fatto che secondo la legge, così come era scritta, il lavoratore doveva pagare di tasca propria per interrompere il contratto. Ma Ronaldo non avrebbe certo avuto 53 miliardi di lire. Così proposi una modifica, ovvero che al calciatore si riservasse il diritto di indicare una qualsiasi entità o club in grado di pagare la clausola al suo posto. Ovviamente la proposta fu subito oggetto di contrattazioni infinite ma alla fine venne accettata: si sarebbe rivelata poi determinante per il trasferimento in Italia.”

    Ma non erano certo queste le difficoltà, anche ambientali, che attendevano l’entourage di Ronaldo: “Io non sono mai stato appassionato di contratti per i diritti d’immagine. Spesso dietro a questi accordi, che prevedono la cessione dell’immagine di un giocatore ad un’entità terza, si cela l’evasione fiscale e i calciatori finiscono nei guai col fisco. Il nostro obiettivo era di eliminare qualsiasi alchimia fiscale anche in considerazione del fatto che ormai Ronaldo era il giocatore più forte in circolazione e ciò gli dava un potere contrattuale enorme. Si imponeva a maggior ragione la massima trasparenza”.

    La trattativa andò avanti per mesi. Nel frattempo l’interesse intorno al nuovo Fenomeno del calcio cresceva di giorno in giorno.

    Tre squadre in particolare seguivano passo passo l’evoluzione della trattativa per il rinnovo del contratto in attesa di possibili spiragli: due italiane, l’Inter di Moratti e la Lazio di Cragnotti, e una scozzese, i Rangers Glasgow. “Vogliamo provare a vincere la Champions", dicevano in Scozia. “Può anche non giocare il campionato, se Ronaldo lo desidera, è il mercoledì che ci serve”.

    Non era la prima volta che l’Inter s’interessava a Ronaldo: “Ancora ai tempi di Pellegrini - ricorda Branchini - fui contattato da Marino Mariottini, il ds di allora. Ronaldo giocava nel Cruzeiro e non era neanche maggiorenne. Costava qualche centinaio di migliaio di dollari, una discreta somma comunque per un giovanissimo. Mariottini se ne era letteralmente innamorato durante un viaggio in Brasile. Poi non se ne fece nulla. La seconda volta era accaduto  appena dodici mesi prima. Ronaldo, che giocava ormai in Olanda, arrivò con la fidanzata a Milano per fare shopping. In quell’occasione Moratti venne a saperlo e chiese di conoscerlo. Glielo presentai negli uffici della Saras, andammo là per un breve saluto”. Se lo avesse comprato allora dal PSV avrebbe risparmiato una trentina di miliardi, però il calciomercato non si fa col senno di poi…

    Ma torniamo a Barcellona ‘97 e alla trattativa estenuante tra i rappresentanti del giocatore e la dirigenza blaugrana: “Purtroppo per Moratti e gli altri pretendenti raggiungemmo l’accordo - svela Branchini - Era primavera inoltrata e Ronaldo si trovava in Francia per la Confederations Cup. Fu indetta immediatamente una conferenza stampa per svelare nei dettagli i particolari di un'intesa che teneva col fiato sospeso mezzo mondo. Ricordo che entrai nella sala stampa gremitissima degli uffici del presidente, l'Impresa Nunez y Navarro. Tensione a mille. Prima parlarono loro: il rinnovo è cosa fatta, abbiamo trovato l’accordo su tutto. Avevamo patteggiato per un accordo tutto sommato accettabile: 85% dello stipendio sul contratto federale e un ragionevole 15% di diritto d’immagine, come da consuetudine in Spagna, di molto inferiore rispetto alle loro proposte iniziali. Venne il mio momento: Branchini, chiesero, è contento? Risposi: Se quello che è stato detto a voce si trasformerà in contratto, sì. Ripeto, non mi fidavo del Barcellona e il fatto che avessero indetto una conferenza stampa ancora prima di firmare mi lasciava qualche sospetto".

    Il racconto va avanti, diventa quasi un giallo: "Uscii dalla sala e chiesi di poter telefonare con un poco di privacy, dovevo chiamare Milano dove Moratti era in fibrillazione: lo informai del raggiunto accordo col club catalano, reagì da signore, come sempre, facendo buon viso a cattiva sorte. Non dev’essere stato semplice. Ci aveva fatto la bocca, ormai… Agenti e dirigenti andarono quindi a mangiare al ristorante mentre in città a Barcellona si festeggiava il rinnovo dell’anno, mancavano solo le firme, una formalità da sbrigare dopo pranzo anche se a tavola ci eravamo seduti quasi alle 18…”.

    Tornammo in ufficio per scrivere verso le 21 e scoprimmo che era cambiato tutto all’improvviso. Quello che avevamo concordato solo tre ore prima non era più vero. Credevo di sognare. In realtà mi angosciai moltissimo, sapevo di dover fare il mio dovere fino in fondo e questo significava rompere il rapporto di lavoro con un club glorioso come il Barcellona. Rientrai in albergo con Pitta e Martins dopo mezzanotte e dopo una lite furiosa con avvocato e presidente del club, il solo vicepresidente Gaspar - sapendo che non stavamo bluffando - ha cercato fino all'ultimo di mantenere un filo di trattativa, ma la proverbiale prepotenza del Barcellona rese impossibile qualunque accordo”.

    Tutto era saltato improvvisamente per aria. Branchini racconta: "Distrutti chiamammo Ronaldo per aggiornarlo e condividere con lui le nostre scelte. Ci seguì in un minuto, molto risentito per come il club si era comportato in tutti quei mesi di negoziazione. Da quel momento il Barça apparteneva al suo passato.

    Quindi chiamai Moratti....

    Alle 10 avevo il volo per Monaco di Baviera dove il mio assistito Paulo Sousa avrebbe giocato in serata con il Borussia Dortmund la finale di Champions contro la Juventus".

    Il resto è storia nota. L’Inter pagò la penale per intero e Ronaldo firmò con l’Inter il solo contratto federale, senza alcun diritto d’immagine accluso. Un’ultima non ininfluente soddisfazione per Branchini, Pitta e Martins  Magrissima la consolazione invece per il Barcellona che, appellatosi alla Fifa per invalidare il trasferimento, si vide riconoscere mesi e mesi dopo un milione e mezzo di dollari di penale aggiuntiva dall’Inter.

    Briciole al pensiero che il Fenomeno era ormai volato via.

     

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