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  • Crotonemania: mutare pelle

    Crotonemania: mutare pelle

    • Michele Santoro
    NUMERI IMPIETOSI. Cinque gare su cinque. Che si chiami Sant’Elia o Sardegna Arena il risultato non cambia: il Crotone torna nel continente con l’ennesima sconfitta sul groppone e con la faccia un po’ così di chi sa che c’è ancora tanto lavoro da fare. Il lancio in profondità con cui Joao Pedro imbecca Sau, eludendo il fuorigioco, è una chiara dimostrazione di come i calabresi siano ancora fragili nei reparti più nevralgici del campo e che certi meccanismi debbano essere ancora assimilati. In questo senso le dichiarazioni di NicolaAbbiamo cambiato il 50% dell’organico, ci vuole tempo” sono condivisibili, a patto che non si aspetti l’ultimo mese e mezzo del campionato per cominciare a carburare. La lezione della passata stagione credo sia chiara a tutti, almeno quanto l’assoluta certezza che la squadra abbia esaurito i suoi crediti con la fortuna. La lotta per la salvezza, unico vero obiettivo stagionale, sarà molto più serrata di quella dello scorso torneo, con avversarie di caratura tecnica superiore a quelle che hanno salutato la Serie A a maggio: per intenderci, sarà difficile che il Verona di Pazzini e la Spal di Borriello, anche considerando tutte le difficoltà del caso, possano riproporre la discesa libera verso il fondo compiuta dall’Empoli l’anno scorso. Questione di esperienza e forza delle rose.

    PUNTO DI PARTENZA. Fatica e sudore, sperando nell’esplosione di qualcuno: le chiavi di volta per sorreggere l’ancor debole struttura tattica calabrese non possono che essere queste. Sarebbe stato pretenzioso aspettarsi il rapido ambientamento di tutti e tredici i nuovi acquisti, ancor di più sarebbe stato credere di non subire contraccolpi dalle cessioni di Ferrari, Crisetig e Falcinelli. Il dato più allarmante, tralasciando quello prevedibile dei gol al passivo, è lo ‘zero’ nella casella delle reti realizzate. Vero, Tumminello è alla sua prima esperienza in A, Budimir ritrova il campo dopo un anno passato in tribuna e Trotta non si è mai contraddistinto per il “killer instinct” in area avversaria. Allora cosa fare? Escogitare nuovi piani. Il passaggio dal 4-3-3 al 4-4-2 la passata stagione si rivelò espediente fondamentale per la permanenza in massima serie, in questa potrebbe esserlo abbandonarlo. Siamo solo alla terza di campionato e tempo per sperimentare ce n’è. La duttilità dei nuovi arrivi potrebbe suggerire l’applicazione di un modulo diverso, come il 3-5-2, favorendo così una maggiore copertura difensiva e, allo stesso tempo, nuovi schemi offensivi, coinvolgendo nelle trame d’attacco anche gli inserimenti delle mezze ali. Tu chiamale se vuoi, soluzioni. 

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