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  • Cucchi, da Maradona a Puccini: la voce di un amico cambia aria

    Cucchi, da Maradona a Puccini: la voce di un amico cambia aria

    • Marco Bernardini
    La più grande soddisfazione per un giornalista è certamente quella di sapere che la gente ti apprezza non soltanto per le cose che scrivi o per come le scrivi. Fatti, concetti e parole rischiano di possedere un peso davvero minimo se non sono supportati adeguatamente dalla passione. Una qualità innata, probabilmente un dono della natura, che non si trova in vendita da nessuna parte. Si chiama anche classe che è ben differente dallo stile. Il secondo è possibile acquisirlo grazie all’applicazione e alla buona volontà. La prima nessuna scuola, neppure la più prestigiosa, te lo può trasmettere e infondere. E proprio dalla classe nasce la capacità di saper emozionare oltreché informare. Scoprire di essere riusciti nell’impresa titanica di aver messo tutti d’accordo con un comportamento professionale dignitoso e intellettualmente leale è il massimo del piacere.

    Un sentimento che certamente avrà provato fortissimo l’amico e collega Riccardo Cucchi, radiocronista ormai “anziano”seppure con quel viso da eterno fanciullo, nell’attimo in cui la curva ultras di San Siro lo ha voluto omaggiare con uno striscione di quelli che solitamente vengono riservati ai campioni. Del resto anche lui campione lo è stato. Per quarant’anni, esordiente al fianco del grande Ameri e del mitico Ciotti, fino a ieri pomeriggio quando a microfono spento ha chiuso la carriera dopo aver commentato Inter-Empoli mettendo così fine alla lunghissima cavalcata nell’etere sulle onde di “tutto il calcio minuto per minuto”. Una voce, più che un  volto, per milioni di radioascoltatori. La voce di un amico.

    Che dire. Grazie di cuore per la grande compagnia. Perché nell’epoca dell’informazione istantanea, visiva e intramuscolare le voci di tutti coloro che usano il mezzo del racconto vocale e non del commento all’immagine sono doni insopprimibili specialmente per il popolo che impossibilitato da mille motivi, occasionali o forzosi o addirittura drammatici, a vedere deve limitarsi ad ascoltare. Ecco che diventa magico il lavoro dell’affabulatore senza volto ma con una voce impossibile da confondere. Come quella di Riccardo Cucchi, dei grandi che lo hanno preceduto, di quelli che seguiranno le sue orme. Lui che ha cantato Maradona e che ora, finalmente libero da impegni, potrà trascorrere le sue domeniche canticchiando in sottofondo e per se stesso una delle arie del suo adorato Puccini.

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