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  • Cuttone, ragazzo del Filadelfia

    Cuttone, ragazzo del Filadelfia

    SABATO sarà veramente la sua partita. Per Agatino Cuttone affrontare il Torino è un avvenimento davvero speciale, perchè avrà difronte le sue radici autentiche, e non solo calcistiche.
    Cuttone, la si può definire un vero ’Cuore Toro’...
    «E’ con la maglia granata che ho cominciato a fare il calciatore sul serio. Sono arrivato al Torino che avevo quattordici anni, nonostrante sia di origine siciliana la mia famiglia si era trasferita in Piemonte e ancora oggi i miei parenti vivono là. In granata ho fatto poi quasi cinque anni nel settore giovanile e poi due anni in prima squadra, in serie A, dopo una stagione in cui mi avevano mandato a Reggio Calabria a farmi le ossa».

    Insomma, lei era un vero e proprio ’ragazzo del Filadelfia’.
    «Ho avuto questa grande fortuna, così come sono stato fortunato a trovare allenatori come Vatta, Rabitti, Naretto, quest’ultimo un vero sergente di ferro: se lasciavamo in disordine l’armadietto il giorno dopo non ci faceva allenare. Il Torino è stata una scuola di disciplina e rigore».
    Una scuola che formava il carattere
    «Assolutamente sì. Mi sono sempre portato dietro durante la mia carriera la cultura del Torino e i tanti insegnamenti che ho ricevuto. Ma soprattutto ho sempre avuto quel grande senso di appartenenza ad un club che penso solo tra i granata abbia davvero questo significato. Sentirsi la maglia granata sulla pelle era un’emozione forte, vera».
    E’ vero che i giovani dovevano pulire le scarpe a quelli della prima squadra?
    «Questa è sempre stata un po’ una leggenda metropolitana, non era così...».
    Con la casacca granata, dicevamo, due campionati di A.
    «Ero giovanissimo, si e no vent’anni, ma ho giocato tanto, ho anche segnato in una finale di Coppa Italia contro la Roma, ma non servì perchè perdemmo ai trigori».
    Era il Toro di Pulici e Graziani...
    «Sì, ma purtroppo ho giocato con loro negli anni che non erano più quelli belli di qualche stagione prima. Io avevo legato un po’ con tutti, ma in particolare con i giovani come me, i vari Sclosa. Mandorlini, Bonesso. Dopo i due anni al Torino sono andato un anno a Catanzaro, sempre in serie A: l’estate successiva poi in un’altra operazione di mercato sono andato a Cesena, insieme a Cravero, e lì sono rimasto otto anni a fare il calciatore, poi cinque a fare il tecnico delle giovanili e guidando anche la prima squadra».
    Sabato al Braglia arriva proprio il Toro: quel suo cuore granata andrebbe trasmesso, come ha detto lei sabato scorso, ai giocatori del Modena.
    «Certamente, la squadra soprattutto sotto il punto di vista caratteriale e temperamentale avrà bisogno di dare qualcosa in più contro una squadra già forte di suo alla quale Ventura ha dato una grande organizzazione di gioco».


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