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  • Da Florenzi fino a Conti e Milik: troppi legamenti rotti, ma tutti se ne fregano

    Da Florenzi fino a Conti e Milik: troppi legamenti rotti, ma tutti se ne fregano

    • Stefano Agresti

    Milik ha fatto la doppietta: prima il legamento del ginocchio sinistro, poi quello del destro. Dicono sia colpa della testa: non sei ancora libero mentalmente per far lavorare le gambe in modo equilibrato, carichi più sulla parte sana così si spacca pure quella. La doppietta di Florenzi, però, è stata differente: tutt’e due le volte si è rotto il crociato sinistro. Insomma, una verità non c’è: quando si prova a dare una spiegazione appare quasi sempre come una giustificazione. 

    Milik e Florenzi sono i casi più eclatanti di quella che è diventata una malattia professionale tipica dei calciatori: la rottura dei legamenti. Ricordiamo, nell’ultimo periodo, molti altri campioni: da Marchisio a Insigne, da Montolivo alle clamorose e strazianti vicende di Strootman e Pepito Rossi, fino al milanista Conti pochi giorni fa e Tumminello oggi. E tanti li omettiamo o magari li dimentichiamo. Un’ecatombe, comunque. 


    L’aspetto incredibile della vicenda è che, con il tempo, la situazione è sensibilmente peggiorata. Trenta o quarant’anni fa, quando le conoscenze su allenamenti, preparazione e prevenzione erano decisamente inferiori, si aveva un numero infinitamente minore di infortuni di questo tipo. Poi è chiaro che gli interventi chirurgici erano meno efficaci e il percorso di recupero più sofferto (a volte un legamento rotto poteva chiudere una carriera). Di incidenti, però, ce n’erano molti di meno, tanto che ancora li abbiamo vivi in mente: ti ricordi quella volta che Ancelotti..

    Ma perché oggi la situazione si è aggravata? Troppe partite? Certamente. Ma anche preparazioni esasperate e, soprattutto, fisici che si sviluppano in modo esagerato caricando le ginocchia di un peso che non riescono a sopportare. L’aspetto più curioso della vicenda è che nessuno sembra davvero domandarsi come si possa fronteggiare il problema. Chi, insomma, si preoccupa della salute degli atleti? Stressare così il loro fisico non va considerato pericoloso e, quindi, non deve essere vietato? Dirigenti, allenatori, preparatori si sentono responsabili dei gravi infortuni dei loro calciatori? 

    Domande che non interessano a nessuno. Avanti a testa bassa, a caccia della vittoria a ogni costo. E se si rompe qualche legamento, pazienza.

    @steagresti
     


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