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  • Da Ibra e Thiago a Niang: perchè i tifosi del Milan ce l'hanno con Berlusconi

    Da Ibra e Thiago a Niang: perchè i tifosi del Milan ce l'hanno con Berlusconi

    L'affannosa rincorsa del Milan al colpo di mercato in Zona Galliani e alla Suggestione Kakà, la dice lunga sulla peggiore estate dell'Era di Berlusconi, scandita dalla peggiore campagna abbonamenti e da un agosto nero: batosta con il Real, sconfitta con la Juve nel Trofeo Berlusconi, sconfitta con la Samp a San Siro nel debutto in campionato.

    Un'analisi superficiale della situazione potrebbe indurre a pensare che i milanisti, peccando di vistosa ingratitudine,  ce l'abbiano con il presidente onorario perchè ha ceduto Thiago Silva e Ibrahimovic al Psg; ha congedato Seedorf, Nesta, Gattuso, Van Bommel, Zambrotta, Inzaghi e Aquilani; ha scambiato Cassano con Pazzini.

    Non è così. O meglio, non è soltanto così. I grandi cicli hanno un inizio e una fine, lo sanno bene anche  sostenitori del club più titolato al mondo che, durante i ventisei anni e mezzo di gestione del Cavaliere hanno ripetutamente assaporato il trionfo, in Italia e fuori.

    Che anche un signore molto facoltoso come Berlusconi non potesse continuare a ripianare ogni anno deficit di 60, 70 o 80 milioni, in nome dell' "amore sconfinato" per il Milan o di "atti eroici" compiuti sull'altare dello stesso, lo sapeva benissimo anche il più inveterato sostenitore rossonero, aduso a spulciare bilanci o a seguire l'andamento del titolo Mediaset in Piazza Affari.

    Che, tranne Ambrosini, potessero andarsene gli altri Veterani, pure.

    Il problema è un altro. Risiede nel rapporto di fiducia fra il Primo Milanista e milioni di suoi correligionari calcistici i quali si sono sentiti presi in giro dalla montagna di panzane propalate nell'arco degli ultimi mesi.

    I tifosi del Milan, come quelli di qualunque altra squadra, non sono nè sprovveduti nè ottusi nè incapaci di intendere e di volere. Avrebbero gradito conoscere la verità e sentirsela raccontare a chiare lettere, sin dalla sera di metà maggio in cui la Juve vinse il campionato, il Milan arrivò secondo e Ibrahimovic disse ad Allegri, nonchè a Galliani perchè riferisse a chi di dovere, che non si poteva perdere uno scudetto così, portandosi dietro un battaglione di infortunati (en passanti: sarà un caso, ma la nuova stagione è appena incominciata e, di nuovo, l'infermeria si è riempita a velocità supersonica).

    Il futuro è cominciato: porta anche i nomi di Niang, Bojan, El Shaarawy, De Sciglio, dello stesso Pato, nonostante sia martellato senza pietà dalla jella con 15 infortuni e 405 giorni complessivi di stop.

    Ma, prima, c'è un presente da costruire, con coraggio e con sincerità. L'ultima volta che Berlusconi ha parlato ai milanisti è stata dopo l'invereconda sceneggiata sugli "incedibili" Thiago e Ibra, ovviamente venduti. Il Cavaliere non ha detto nulla d'interessante. Ha ripetuto le solite cose, ha rivendicato i meriti di un passato che nessuno misconosce né tantomeno gli nega, ha interpretato un copione ormai logoro.

    Per recuperare la fiducia dei suoi tifosi, Berlusconi ha una strada da percorrere: raccontare loro che cosa intenda fare, quali siano realmente gli obiettivi della società, che cosa si aspetti da Allegri e dalla squadra, quali siano i limiti di spesa imposti dalla congiuntura economica, come la società intenda spendere il denaro proveniente dal Psg.

    Parli a cuore aperto, da innamorato del Milan, come quando nel primo settennato della sua gestione, piombava a Milanello anche due volte al giorno per seguire gli allenamenti dei rossoneri e controllava che persino i tendoni della sala del caminetto fossero intonati con l'arredamento.

    A dire le cose come stanno non si sbaglia mai.

    Xavier Jacobelli

    Direttorer Editoriale www.calciomercato.com

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