Calciomercato.com

  • Da Ronaldo a Totti e Baggio: quando i tifosi si arrendono al talento del nemico

    Da Ronaldo a Totti e Baggio: quando i tifosi si arrendono al talento del nemico

    • Furio Zara
    Applaudire un campione - un avversario - che entra a casa tua e semina bellezza, significa riconoscere la vera essenza del calcio, arrendersi all’evidenza, tributargli l’onore che si meritano tutti quelli che parlano - divinamente - il linguaggio della palla, anche se indossano una maglia diversa da quella per cui tifiamo.

    E’ successo a Cristiano Ronaldo, l’altra sera allo Juventus Stadium. Prima fischiato, infine - dopo quella rovesciata che è già entrata nella leggenda - applaudito, per manifesta superiorità. Non sono frequenti questi casi di "standing ovation" in trasferta, ma ripercorrendo la storia recente del nostro calcio si trovano esempi virtuosi perché quasi sempre a ricevere gli applausi è un fuoriclasse, uno di quelli che restano nella storia del calcio.

    Nella Champions edizione 2002-03 ricordiamo un altro Ronaldo - il Fenomeno - uscire dall’Old Trafford con la mano alta a mo’ di ringraziamento. Al Teatro dei sogni si erano alzati tutti in piedi, per rendere onore ad un campione che quella sera - vestendo la maglia del Real Madrid - aveva segnato tre reti, nonostante quella tripletta costasse l’eliminazione del Manchester United (che vinse 4-3, ma aveva perso 3-1 all’andata). Fu quella una delle ultime notti da Fenomeno di Ronaldo. Più il palcoscenico è prestigioso e più il palato degli spettatori è fine.

    Il Bernabeu si è inchinato davanti a Ronaldinho (Liga 2005-06), mattatore di un Real Madrid-Barcellona 0-3: quel giorno Ronaldinho - l’ultimo vero giocoliere del calcio - giocò una partita mostruosa. Non correva, danzava. E il pallone gli rimaneva sempre attaccato ai piedi.

    E sempre il popolo madridista non ha dimenticato la notte di Del Piero: Champions, 5 novembre 2008, a 34 anni Pinturicchio sfodera tutta la sua classe e con due gol regala alla Juventus un trionfo clamoroso. Quando esce - e al suo posto entra De Ceglie - tutti in piedi per applaudire un fuoriclasse che si sta avviando verso il viale del tramonto.

    In questi casi si celebra la bellezza del gesto - come è successo per Cristiano Ronaldo - ma anche tutta una carriera, come è stato per Totti quando - nel 2016 - appena messo piede in campo al Bernabeu viene travolto dall’affetto di tutti.

    Da noi la standing ovation più significativa negli ultimi anni - detto che Totti e Del Piero hanno dato l’addio al calcio davanti al proprio pubblico - è stata quella per Roby Baggio, in un Milan-Brescia, il 16 maggio del 2004. Quel giorno San Siro rese omaggio a Baggio, il campione di tutti, il più amato, l’ultimo vero campione trasversale del nostro calcio, capace di abbracciare fedi diverse e di unire tutti nel segno della sua classe.

    La verità è che conta chi sei, conta cosa fai, conta cosa hai fatto. Il calcio parla una lingua universale e quando scatta l’ovazione significa che sa trovare le parole giuste, senza nemmeno pronunciarle, basta un applauso che vale per sempre. 
     

    Altre Notizie