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  • Da Zoff a Buffon, la dignità dei veri Numeri Uno

    Da Zoff a Buffon, la dignità dei veri Numeri Uno

    • Marco Bernardini
    Ho sempre sostenuto l’esistenza di un filo neppure troppo sottile che lega l’uomo che è stato uno fra i più grandi portieri del mondo, Dino Zoff, al più giovane collega che sta ribadendo di essere l’attuale numero uno più bravo ancora in circolazione a livello internazionale, Gigi Buffon. L’altra sera, nello stadio di quella città francese tanto simile a Torino anche per la sua fama di luogo magico che è Lione, il teorema della similitudine tra i due personaggio è stato confermato. Non solo sul piano professionale ma, soprattutto, sotto l’aspetto umano.

    La serata quasi “paranormale” vissuta da Gigi Buffon e fatta assaporare da lui a tutto il popolo bianconero mi ha fatto tornare alla mente alcuni episodi cruciali che hanno caratterizzato il percorso calcistico di Dino Zoff consentendo di evidenziare in maniera clamorosa non solo l’abilità del Numero Uno ma la grande dignità del personaggio in questione. Il primo episodio si riferisce ad uno “storico” incontro tra Juventus e Avellino nello stadio che ancora si chiamava Comunale. La cronaca di allora riferisce della squadra bianconera allenata da Giovanni Trapattoni che, dopo quarantacinque minuti, si trova in vantaggio per tre reti a zero. Gli irpini, a quel punto, sono matematicamente condannati alla retrocessione e solo un miracolo potrebbe ribaltare il doloroso evento. Avellino, allora, significava soprattutto l’ombrello del potentissimo “padrino” democristiano De Mita. Non solo. Nella squadra campana giocavano tre atleti che interessavano la società bianconera. Uno di oro era Stefano Tacconi. Ebbene, con il ritorno in campo delle squadre per il secondo tempo, è grande la meraviglia nel vedere che Zoff non c’è. Lui che aveva mai saltato una sola gara. Al suo posto l’eterno secondo Alessandrelli, al suo esordio. Finirà con il punteggio di 3 a 3. Anni dopo Dino, a denti stretti e sottovoce confiderà, che la sua etica non gli avrebbe consentito di prestarsi ad un biscotto del genere. Il povero Alessandrelli, all’oscuro di tutto, pianse come un bambino.

    Il secondo evento riguarda Zoff commissario tecnico della nazionale italiana. La squadra perde il titolo Europeo 2000 in finale con la Francia per pura jella. L’unico a non capire fu l’allora presidente del Consiglio e del Milan Silvio Berlusconi il quale, nel corso di una conferenza stampa a Milanello, anziché occuparsi delle cose di casa rossonera si lanciò in uno spericolato e maldestro “j’accuse” contro il  CT azzurro definendolo “incapace come tecnico e come persona”. Dopo poche ore Dino Zoff presentò le sue dimissioni e lasciò la Nazionale. Se a questi due episodi vogliamo aggiungere anche le “critiche” che vennero, talvolta, mosse a Zoff per certi gol subiti con tiri da lontano ma anche, per esempio, il miracolo di quella parata con le unghie delle mani al Sarria di Barcellona contro il Brasile allora ecco che la sovrapposizione con Buffon si cementa ancora di più.

    Differenti soltanto le reazioni, perché diversi sono gli uomini. Zoff, friulano scolpito nella roccia delle sue montagne, faceva dei suoi lunghi silenzi lo scudo dietro il quale nascondere la legittima rabbia. Gigi Buffon, emotivamente più reattivo, per gesti e parole non lascia mai nulla all’immaginazione come è accaduto a Lione.  Certamente, come ha scritto il direttore Stefano Agresti, il portiere della Juventus avrebbe potuto (o dovuto?) ribattere alle critiche con ironica leggerezza. Ma il carattere di ciascuno è quello che è. Come tale va rispettato. In ogni caso la morale è sempre la stessa con la firma in calce di due autentici Numeri Uno che rivendicano il diritto di preservare soprattutto la loro dignità di uomini veri anche fuori dai pali di una porta. 

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