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  • Dalla cotoletta al pollo alle mandorle: non è più il derby di Prisco e Jannacci

    Dalla cotoletta al pollo alle mandorle: non è più il derby di Prisco e Jannacci

    • Marco Bernardini
    Non ci potranno essere. Avrebbero l’opportunità di osservare dall’alto, è vero. Ma credo che eviteranno di farlo. Ci starebbero male. Troppo male. Enzo Jannacci, Beppe Viola e Giorgio Gaber. Ma anche Gino Bramieri e Peppino Prisco. Quelli, tra i tantissimi, che il derby non era mica una roba qualunque. Era la fotografia di due anime. Quelle della "Granmilàn" che spingeva i "sciur" ad arrivare in automobile a San  Siro "già mangiati" e con le bandiere nerazzurre in mano più o meno alla stessa ora in cui si avvicinavano allo stadio i "magutt" scesi dal tram con la schiscetta del pranzo a sacco nella mano destra e la sciarpa rossonera ben stretta nella sinistra. Tra canti e sfottò ci si capiva tranquillamente tutti. Il dialetto che non era lombardo ma proprio milanese di ringhiera. Poi anche i "terun" ormai radicati nelle periferie e conquistati da quelli con il “coeur ‘n man”. Profumo di riso con lo zafferano e di cotolette impanate con l’osso. Alle fine una bella fetta di colomba Motta o Alemagna con un bicchierino di Bianco Sarti per digerire o di Borghetti per gli uomini forti. Era il derby più derby di tutti gli altri. Era Inter-Milan coniugato alla meneghina.

    Ora di pranzo. Adesso. Ci saranno anche i cinesi, a nove ore di fuso orario, davanti ai televisori accesi per assistere a quello che, da questo giorno epocale, sarà il loro derby. Bacchette tra le mani a portare in bocca pollo alle mandorle e involtini primavera. Il sake caldo non profuma. Non come il barbera del trani a gogò, perlomeno. Da Pechino fino agli angoli più nascosti del più grande e popoloso Paese del mondo si schiereranno a favore dell’Inter o del Milan a seconda della simpatia per un colore piuttosto che per l’altro. Oppure per solidarietà ai nuovi padroni del calcio i quali hanno deciso di investire faccia e denaro in un gioco che per renderlo popolare e un minimo accettabile in Oriente hanno dovuto chiamare il molto onorevole Marcello Lippi da Viareggio. Il cuore, la passione e la sana follia no. Sono altra cosa. Un'anima cinese non potrà mai essere milanese.

    Il Meazza sarà stracolmo. La curiosità è femmina tifosa. Tutti felici e contenti, in apparenza. E anche con validi motivi per esserlo. Ricchezza significa potenza, specie nel mondo del pallone. E i nuovi padroni cinesi di soldi ne hanno da buttare. Almeno così sembra. E allora forza Milan e forza Inter. Odiata Juventus, stiamo tornando! Essì gli italiani sono fatti così. Viva il re di Francia e viva il re di Spagna purchè se magna. I milanesi no. E se pure sventoleranno le loro bandiere di appartenenza convinti che grazie ai cinesi le loro squadre, come è probabile, torneranno all’onor del calcio, nell'intimo soffriranno un poco per via di quelle loro dignità e appartenenza vendute al miglio offerente. Jannacci, Gaber, Viola, Bramieri e Prisco si ritroveranno per l’ora di pranzo. Ma, evitando di osservare sotto il cielo, andranno a fare una bella e ricca merenda tra le nuvole a base di riso allo zafferano e cotoletta impanata. Le bevande verranno offerte da Moratti e Rizzoli padri.

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