Calciomercato.com

  • Dalla Liga al Senegal:| La nuova vita di Poves

    Dalla Liga al Senegal:| La nuova vita di Poves

    Diventare un calciatore professionista è il sogno di molti ragazzi di tutto il mondo: soldi, macchine sportive, il successo. Ma c'è anche chi, a soli 24 anni, dopo averlo raggiunto ci ha rinunciato per seguire le sue idee. Il giovane spagnolo aveva annunciato il suo 'gran rifiuto' in estate, ora è pronto a partire per l'Africa.
    Dai campi della Liga al Senegal: la nuova vita di Javi Poves.
    Ci vuole coraggio a rinunciare a ciò che si è inseguito per tutta la vita: un contratto nella lega di calcio che molti considerano la migliore del mondo. Eppure Javi Poves, 24 anni, nato e cresciuto a Madrid, dopo aver fatto tutta la classica trafila: giovanili,  seconda squadra e serie inferiori; ce l'aveva fatta. Un contratto da giocatore professionista con lo Sporting Gijon. L'opportunità di misurarsi con Messi e Ronaldo, l'opportunità di guadagnare (e tanto) facendo quello che ti piace. Quest'estate ha preso una decisione che ai più è sembrata una pazzia: rescindere il contratto, lasciare il mondo del calcio per dedicarsi a chi è stato molto meno fortunato di lui. Ora è pronto a partire per il Senegal, per aiutare chi è meno fortunato.

    Molti in Italia, ma anche qui in Spagna, definirebbero folle la tua decisione. Cosa ti ha spinto a farlo?

    "Benedetta follia, allora. Penso sia normale pensarla così perché cresciamo con l'idea che la cosa migliore che un ragazzo possa diventare è il calciatore. Non si parla d'altro. Se si desse più spazio ad altri argomenti, come le necessità basiche che hanno molte persone nel mondo, forse altri farebbero come me, capirebbero la mia scelta. Dopo aver passato tutta la mia gioventù a inseguire un contratto professionistico, mi sono reso conto, una volta che l'ho avuto tra le mani, che non era quello che volevo veramente, non era quello che cercavo. Durante gli allenamenti pensavo più ai problemi del Burundi che a quello che mi diceva l'allenatore. Per me è stata una decisione logica".

    Ma è una rinuncia anche al denaro, alla fama, al successo. In momenti come questi non lo farebbe nessuno.

    "Anche i miei compagni non ci credevano. Mi chiedevano come facevo a rinunciare a tutto per un'idea, come facevo a rinunciare ai soldi. Io gli ho spiegato che sono in grado di vivere con mille euro al mese come fanno moltissime famiglie spagnole, non sono certo i soldi che ti danno la pace interiore. A dire la verità, più mi avvicinavo al lusso che la condizione di calciatore mi permetteva più sentivo di rifiutarlo. Il calcio professionistico ormai non è altro che denaro e corruzione".

    Hai sentito qualcuno dei tuoi vecchi compagni di squadra? I tuoi ex allenatori?

    "Mi hanno chiamato molti ex compagni, Però, stranamente, erano tutti giocatori delle serie minori, della Primera Division, della Liga, non mi ha chiamato nessuno. Ho parlato anche con alcuni dei miei ex allenatori, qualcuno mi ha detto che ha capito la mia scelta e che la pensa come me, però non può dirlo in pubblico perché con il calcio mantiene la sua famiglia".

    La tua famiglia come l'ha presa?
    "All'inizio volevano che tornassi sui miei passi, ma quando hanno capito che la decisione era presa si sono convinti. Certo, mio padre soffre perché è innamorato del calcio e ha fatto mille sacrifici per portarmi agli allenamenti su mille campi quando ero giovane. Mia madre non vuole che me ne vada a volte piange, ma ho spiegato loro che la mia è stata la scelta migliore. Voglio aiutare chi ha meno di noi, chi non ha nulla. Per questo vado in una delle zone più povere del Segal, per poter dare una mano".

    Qui in Spagna ti hanno già soprannominato "il Missionario".

    "Ho molto rispetto per i valori della chiesa, ma l'aiuto che voglio dare io, quello che so di poter dare è indipendente e senza religione. Lo faccio anche per incontrare la vera felicità, essere in pace con me stesso per poterlo trasmettere agli altri. Mi piacerebbe poter tornare a godere dei principi di una volta: solidarietà, amicizia, la compagnia degli altri... in una parola: umanità".

    Dette da un ragazzo di 24 anni sono parole che fanno impressione. Un consiglio per chi rimane?
    "Ai calciatori mi piacerebbe dire che aprano bene gli occhi. Se guadagnano quel che guadagnano un motivo ci sarà. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono, ma bisogna saper guardare indietro anche quando si hanno un sacco di soldi. I veri valori sono altri. Ai genitori dei ragazzini che sognano la Liga voglio dire che il 95 per cento di loro non ce la farà. Si parla sempre dei successi, mai degli insuccessi, di quanti ragazzini rimangono fuori dal giro e per scarificarsi per il calcio hanno abbandonato gli studi. Io ho avuto la fortuna di poter tornare a studiare e la cosa mi ha aiutato a capire meglio chi sono e cosa voglio davvero".

    Così saluta Javi Poves, il "Missionario" del calcio, pronto per la sua prossima trasferta in Senegal.  Anche se sarà sicuramente diversa da tutte le altre che ha vissuto.
     


    Altre Notizie