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  • De Laurentiis, stoccata al Milan: 'Non ci fa paura'. E sugli juventini a Napoli...

    De Laurentiis, stoccata al Milan: 'Non ci fa paura'. E sugli juventini a Napoli...

    Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ha parlato ai microfoni di Radio Kiss Kiss direttamente dal ritiro di Dimaro della stagione che sta iniziando per il club partenopeo, del rapporto con Sarri e delle prossime mosse di mercato.

    SQUADRA CONFERMATA - "Oggi c'erano tantissimi tifosi, c'è un grande entusiasmo perché la squadra è la stessa che gioca molto bene con integrazioni di chi ha giocato poco lo scorso anno. In più ieri sera ero felice di vedere come il francesino (Ounas, ndr) era uno che mordeva la porta, si è inserito molto bene. Mi fa piacere che Sarri lo abbia subito messo in campo".


    SU SARRI - "Oggi vedo un altro uomo, sereno, molto tranquillo, sicuro di sé, della squadra, non è assolutamente preoccupato che gli altri si stiano rinforzando, anzi a me fa piacere".

    RIVOLUZIONE IN SERIE A - "Noi dovremmo assolutamente arrivare con Tavecchio a ridurre le squadre a sedici come era negli anni ottanta, magari riservare soltanto ad un club la retrocessione, così da riformulare una Serie B più forte. Abbiamo bisogno di giocatori che provengano non solo dal vivaio ma anche da serie inferiori". 

    NAPOLI, UNA FAMIGLIA MA NON PER GLI JUVENTINI - "Napoli come una famiglia? E' sempre stato il mio modello, anche nel cinema, e forse dopo 14 anni ci sto riuscendo anche calcisticamente e questa sarà una grande vittoria dato che il calcio è una cosa fondamentale e noi dobbiamo assolutamente, e non parlo per i napoletani juventini ma per quelli doc, regalargli qualcosa in più. Dobbiamo essere come in un abbraccio, come il golfo di Napoli. Sapete perché è bello il golfo? Si vede Capri e Ischia, il cerchio si completa e l'orizzonte del mare ti sfugge e ti porta nel nulla. Siamo una realtà circoscritta e in quest'abbraccio serve una bandiera per vincere anche in altri settori".

    SOGNO SCUDETTO - "Scudetto? In passato si diceva di non pronunciare questa parola perché se non l'avessimo vinto avrebbero detto che l'avremmo voluto vincere: ma è normale! Ho sempre pensato a vincere, anche a scuola. Mi ricordo ci mettevano primo, secondo, terzo della classe con una medaglia d'oro, d'argento o di bronzo a girare per le classi. La meritocrazia ci contraddistingue come desiderio, se poi vogliamo appiattirci perché la mediocrità regna sovrana, allora sentiamoci pure tutti uguali, ma senza medaglia non si va da nessuna parte". 


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