Non avrà vinto la quinta di fila, non avrà eguagliato la serie positiva di Reja, ma Stefano Pioli mi piace. Eccome. Lo conosco dai tempi di Padova, era un difensore elegante e fragilino, spesso infortunato in quel periodo. Ma sempre sorridente e disponibile, non è cambiato. Oggi guida una Lazio che lo segue con passione, si vede subito. Lui inizia a martellare dal riscaldamento, uno dei pochi allenatori di A che non aspetta il fischio d'inizio al calduccio degli spogliatoi: una parola per tutti, la carica trasmessa con sguardi e minuziosi consigli individuali, quella presenza costante per non lasciare nulla al caso. La Lazio che ho visto e commentato al Bentegodi non sarà stata brillante come a Palermo e Firenze, eppure ha confermato i segnali di compattezza e solidità che l'hanno meritatamente portata al terzo posto, anche se in buona compagnia. I singoli? Da tempo non vedevo Biglia dal vivo, che giocatore. Sempre ordinato nell'impostazione, continuamente al centro del gioco, sorprendente anche nell'interdizione e nel recupero del pallone. Un vero e proprio punto di riferimento, tanta roba davvero. E poi De Vrij, carisma e personalità, un lentone che affascina per la serenità che esprime anche nei momenti più difficili. Terza menzione per Parolo: corre, corre, poi corre ancora. Non a vuoto eh, sempre con gli inserimenti giusti, mai in affanno, ecco perché le gioca tutte. Meno bene del solito Djordjevic, un Lulic a mezzo servizio con contrattempi fisici, Candreva che ha girato troppo a vuoto per essere vero. Ecco perché la Lazio non ha sbancato anche Verona, l'errore di Cavanda poi ha fatto il resto. Ma l'atteggiamento -anche in dieci- era quello giusto: cercare comunque il successo, altro che catenaccio. Il record di Pioli è proprio questo, aver trasmesso idee e valori in così poco tempo. Anche senza averne vinte cinque di fila. 

COMMENTA L'ALERT E FAI UNA DOMANDA! GIANLUCA DI MARZIO RISPONDERA' ALLE PIU' INTERESSANTI! #DIMARZIOALERT