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  • Diritti tv: grandi straricche, piccole strapovere. Chi ci rimette? Le grandi...

    Diritti tv: grandi straricche, piccole strapovere. Chi ci rimette? Le grandi...

    La distribuzione dei diritti televisivi per la stagione in corso, secondo un attendibile calcolo della Gazzetta dello sport, porterà alla Juve 103,1 milioni, al Milan 80,3, all’Inter 78,2. alla Roma 72,7, al Napoli 69,7. Se capovolgiamo questa classifica, e partiamo dalle cifre più basse, troviamo il Carpi e il Frosinone con 22 milioni, quindi l’Empoli con 26,8.
     
    Visto che nella distribuzione dei soldi arrivati dalla tv contano soprattutto i bacini di utenza, e quindi il numero di tifosi riconducibili a ogni singola squadra, è inevitabile che in testa ci siano Juve, Milan e Inter. Colpisce, però, la distanza tra le tre grandi del Nord, da una parte, e i piccoli club, dall’altra: il rapporto è di circa 4,7, cioè la Juve prende dai diritti televisivi quasi cinque volte più di Carpi e Sassuolo, come detto 103 a 22. Rispetto al passato, la nuova ripartizione della torta televisiva in proporzione non cambia granché: la sperequazione resta enorme. Ma cosa significa tutto questo?
     
    Tutto questo significa, per cominciare, che la distanza tra le grandi e le piccole è destinata ad aumentare: le grandi saranno sempre più grandi, le piccole sempre più piccole. Di conseguenza il campionato è destinato a essere meno equilibrato e spettacolare. Prendiamo due esempi di tornei particolarmente combattuti: la Premier League e la Nba. Ebbene in Inghilterra il rapporto “first to last”, cioè tra ila prima e l’ultima nella ripartizione dei diritti tv, è di 1,57: chi arriva in fondo alla classifica e ha meno tifosi, in pratica, prende quasi quanto chi vince e ha più sostenitori. In Bundesliga il rapporto è 2, in Ligue1 è 3,4, in Serie A (come abbiamo visto) 4,7. Solo nella Liga il dato è decisamente superiore, oltre 10, perché lì ci sono due club cannibali, Barça e Real, che attraggono su di sé ogni interesse. Quanto alla Nba, proprio per avere un torneo quanto più possibile equilibrato in ogni stagione le squadre arrivate ultime possono scegliere per prime quali giocatori ingaggiare, mentre chi ha vinto “pesca” alla fine: un sistema virtuoso, non basato sull’egoismo delle franchigie più importanti.
     
    Considerazione: okay, la Serie A sarà anche sempre più spaccata, ma in questo modo le nostre grandi squadre possono almeno migliorare ed essere più competitive a livello internazionale. No, non è così. Avere un torneo in cui la qualità delle piccole è modesta, infatti, penalizza l’appetibilità del prodotto sul mercato, e di conseguenza - in prospettiva - toglie risorse anche anche alle big. La Premier League ogni tre anni quasi raddoppia il suo valore per quanto riguarda gli introiti tv, inoltre viene venduta a cifre iperboliche sul mercato televisivo internazionale. Là sono lungimiranti, da noi egoisti. Ha ragione Campedelli, presidente del Chievo, quando - nell’intervista esclusiva rilasciata a Calciomertcato.com - denuncia questa situazione.
     
    La realtà è che i grandi club pensano a prendere tutto subito, e così tolgono energie anche a se stessi. Non guardiamo la Juve, che è un caso a parte perché nell’ultimo decennio ha azzeccato tutte le scelte societarie, a cominciare dalla realizzazione dello stadio. La condizione di difficoltà di Inter e Milan, però, è anche dovuta a una politica miope: vogliono sempre di più, ottengono sempre di meno.
    Stefano Agresti
    @steagresti
     

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