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  • Donadoni, cipolle e quel trucco di Sacchi

    Donadoni, cipolle e quel trucco di Sacchi

    • Ribaldo Saporoso
    L’allenatore più compassato del calcio italiano ovvero Roberto Donadoni, ha dichiarato che quando lascerà il calcio si dedicherà a coltivare un proprio orto. Lo farebbe in memoria del padre, il quale con legittimo orgoglio portava in tavola zucchini, piselli, fave, pomodori di sua produzione. Ci piace la scelta di un uomo, che al vociare e alla velocità dei nostri tempi, preferisce il silenzio e la lentezza di un piccolo appezzamento domestico di terra, anche se un vecchio adagio toscano recita: “l’orto vole l’omo morto”. Ma erano tempi in cui i contadini, oltre al lavoro nei campi, dovevano poi provvedere anche alle piccole coltivazioni domestiche.

    Gli orti di oggi sanno meno di fatica e più di meditazione; meno di necessità e più di scelta. Sanno anche di salute, perché si è consapevoli dell’uso o meno di certe sostanze e certi concimi. Che cosa avrebbe mai dovuto scegliere questo Cincinnato del calcio italiano, la cui misura è pari alla capacità, se non la calma e il silenzio d’un orto? D’altra parte, verdura e sport vanno sempre più d’accordo: fibra e clorofilla sono un toccasana per tutti, figuriamoci per gli atleti. Le verdure forniscono importanti vitamine e sali minerali, regolano l’assorbimento di zuccheri e grassi, contribuiscono al sistema di difesa antiossidante dell’ organismo. La fibra facilita la sensazione di sazietà. Anche per questa ragione la rivoluzione di Sacchi cominciò a tavola. A Milanello il pane arrivava in ritardo. Al centro delle tovaglie bianche, i giocatori trovavano carote, ravanelli, finocchi freschi da sgranocchiare subito e togliersi così un po’ di fame. E’un’abitudine che ci farebbe bene. Il fatto è che, a prima vista, la verzura in genere sembra un po’ triste (come la faccia di Donadoni) ma non lo è. Come non lo è la cucina vegetariana, che però ha bisogno di dedizione e lavoro per raggiungere quella varietà capace di  renderla appetitosa e non troppo ripetitiva. 

    Essere attraente per un cuoco vegetariano è difficile perché molti hanno in mente solo verdure bollite, pinzimoni, insalata verde. E, invece, al di là di poco simpatici anatemi che vogliono condannare tutto ciò che non è vegetale, la cucina vegetariana ha molto da offrire, a patto che ci sia una buona capacità di variare e trovare nuove combinazioni.

    Già la tradizione, comunque, presenta piatti di tutto rispetto: dai fritti vegetali alle zuppe, dalle frittate di cipolle ai tortini di carciofi; per non parlare degli sformati. Qui vi propongo una zuppa di stagione romana, la Vignarola, particolarmente adatta alla   primavera.
    Per 4 persone, ci vogliono 2 carciofi romaneschi (le cosiddette mammole), 300 gr. di piselli sbucciati, 300 gr. di fave sbucciate; 1 cespo di lattuga romana; 2 cipollotti freschi: 2 cucchiai di olio extravergine di oliva. In una padella, fate appassire nell’olio i cipollotti tagliati finemente, a fuoco basso, fino a quando non diventino trasparenti. Tagliate la lattuga a listarelle, pulite e fate a spicchi i carciofi, che aggiungerete ai cipollotti, mescolando, salando e pepando. Coprite e lasciate cuocere a fuoco dolcissimo per circa 10 minuti, versando ogni tanto ½ bicchiere d’acqua. Poi mettete nella stessa padella i piselli e le fave, che dovranno divenire teneri. Ci vorranno circa 20 minuti. Servire tiepido. Una ottima variante, antivegetariana, consiste nell’aggiungere alle verdure anche dei cubetti di guanciale di maiale. Nel lettore: la Prima Sinfonia di Schumann, detta la Primavera.  

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