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  • Donnarumma, tutti i danni di Raiola

    Donnarumma, tutti i danni di Raiola

    • Giancarlo Padovan
    Qualcosa è cambiato. Ma, soprattutto, qualcosa si è rotto. L'epilogo della vicenda Donnarumma è stato scritto da tutti, e troppe volte, per non sorprendere ancora. Gigio resterà rossonero - adesso è certo - ma il voltafaccia ("Non rinnovo"), l'ingaggio rinegoziato (6 milioni di euro), l'esame mancato (a Ibiza sull'aereo privato di Raiola anziché a scuola a Vigevano), il fratello recuperato (terzo portiere del Milan a un milione di ingaggio) hanno intaccato l'immagine del giocatore, della sua famiglia e del suo agente. 

    Non bisogna essere né maghi, né fanatici del web per capire che il tifoso rossonero è tutt'altro che soddisfatto. Nella testa gli rimane il tradimento iniziale e non crede al ripensamento, meno che mai al pentimento, ma solo all'opportunismo di un diciottenne ritenuto più scaltro di tanti suoi coetanei. 

    Purtroppo Mino Raiola ci ha fatto credere che su Donnarumma ci fossero le più importanti squadre europee, quando era lui - Raiola, ovviamente - che andava a offrire il portiere a tutti. Nessuno, però, era convinto di fare l'operazione. Né il Real Madrid, che mai avrebbe affidato la porta a un diciottenne; né il PSG che si sente sicuro con Trapp; né la Juve che non riteneva giusto fare uno sgarbo a Buffon. 

    Intendiamoci: Donnarumma è un talento in predicato di diventare campione e, forse, un giorno, fuoriclasse. Ma una valutazione complessiva di 30 milioni di ingaggio (60 a carico del club) più 20 al Milan (il portiere sarebbe stato in scadenza nel 2018) non allettava nessuno. Il perché è presto spiegato: scommettere su un diciottenne, soprattutto in un ruolo tanto delicato, è un'operazione che esige più spregiudicatezza che coraggio. 

    Come ho scritto qualche settimana fa, Raiola ha cercato di forzare la mano perché non si fida di questo nuovo Milan (lui era legatissimo a Galliani) e perché ha dei dubbi relativi anche alla proprietà (per acquistare il club si è fatta prestare 303 milioni di euro dal fondo Elliott a un tasso d'interesse che può arrivare fino all'11,5 per cento). 

    Raiola non sarebbe mai tornato indietro se non fosse stato costretto dalle circostanze (la mancanza di offerte concrete) e non avrebbe mai accettato di firmare con Fassone (per la verità non l'ha ancora fatto), se non fosse stato in grado di spuntare un'altra serie di vantaggi economici o procedurali (la clausola e le commissioni non sono ancora state definite). 

    Tuttavia qualche volta anche i procuratori dovrebbero ispirarsi a un po' di coerenza. E se, in linea di massima, non posso escludere che la gestione della vicenda-Donnarumma sia riconducibile a una strategia di Raiola, non posso nemmeno ammettere che un assistito smentisca in maniera tanto netta le volontà del proprio agente. Fu Raiola, infatti, ad annunciare la decisione di non rinnovare. Fu ancora Raiola a sostenere che la vicenda era chiusa e non ci sarebbero stati passi indietro. Fu sempre Raiola (e un suo famiglio), durante l'Europeo Under 21, a ribadire che la volontà del suo assistito coincideva con la propria e, dunque, che il Milan non aveva il minimo spiraglio utile alla riapertura. 

    Che non sia andata così, e che Raiola sia stato scavalcato, a destra e a sinistra, dalla famiglia Donnarumma, è nei fatti. Che dovrebbe lasciare Gigio alle proprie responsabilità, compresa quella di scegliersi un altro agente, è nella logica delle cose. Non credo che avvenga, anche se sarebbe giusto. 

    Perché un aspetto della vicenda è chiarissimo: Donnarumma e il suo entourage non sanno reggere l'impatto psico-sociologico con l'opinione pubblica in generale e con l'ambiente calcistico in particolare. E' questa, prima di ogni altra considerazione, la differenza fra i Donnarumma e i Raiola. Gli uni non sono il bene e gli altri il male. E' che non sono della stessa pasta e, forse, neppure si assomigliano. 

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