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  • É un'Inter a nervi tesi: il punto

    É un'Inter a nervi tesi: il punto

    • Pasquale Guarro
    14.11.2014 Roberto Mancini torna sulla panchina dell’Inter e con poche parole, quelle giuste, risolleva un ambiente ormai nel baratro. É giusto ricordarlo: erano tempi bui, i tifosi gremivano si le tribune, ma solo per fischiare Walter Mazzarri e la sua ciurma. Le nuvole cariche d’acqua promettevano tempesta ormai da tempo, Thohir tamponava con parole di circostanza, colpevole anche lui di un mercato scarso per una società di alto livello come l’Inter. Alla fine tanto tuonò che piovve, e Mancini fu la scialuppa di salvataggio di tanti interisti disorientati in mezzo al mare. Il faro che conduce nuovamente al porto. 

    TUTTO CAMBIA - 09.07.2016 - Tutto è cambiato così in fretta, ogni cosa è stata messa in discussione. A partire dalla vecchia proprietà, che nel tempo si è scoperta debole dal punto di vista economico, impossibilitata a produrre gli sforzi economici necessari per garantire all’Inter di essere almeno competitiva. Adesso la società è sempre più di Suning, ma allo stesso tempo è sempre meno di Mancini, che giorno dopo giorno perde poteri e vigore. Il mercato non è più materia del tecnico jesino, che chiede ma non ottiene, che vuole ma non può. Touré, Candreva, Zabaleta, un no dietro l’altro, in rapida successione e senza il minimo spiraglio per poter trattare: i cinesi sono cosi, prendere o lasciare. 

    SERVE CHIAREZZA - Evidentemente i pensieri di Mancini hanno per qualche istante considerato la seconda ipotesi: lui è abituato - da sempre - a dettare la via, mai a subirla. Suning, invece, oltre a non proporgli alcun rinnovo di contratto, lo obbliga ad accettare una nuova linea societaria, fatta di acquisti alla Gabriel Jesus e non alla Yaya Touré. Il malessere dell’ex City si respira nell’aria, il clima non è più quello sereno della seconda luna di miele e l’insicurezza del tecnico inizia a contagiare anche i tifosi, che adesso non lo considerano più intoccabile. L’amichevole contro il Wattens significa poco, è la prima uscita stagionale, ma lo 0-0 ha risvegliato i mugugni e qualche tifoso, senza neanche mordersi la lingua, se l’è fatto scappare: “Mancini, se non vuoi più stare qui, vai pure”, ha urlato qualcuno. Forse più una richiesta di chiarezza che un vero e proprio invito a lasciare, ma intanto il tecnico si barrica dietro silenzi inaccessibili, rotti solo dalla televisione ufficiale del club, alla quale - comunque - non chiarisce niente sul proprio futuro. Ma adesso la corda è tesa oltre il consentito, lacerata ai lati. É ora di esprimere concetti chiari a tutti, perché così non sembrano esserci i giusti presupposti per partire bene.

    QUALE SCELTA? - La società non aiuta, anzi, peggiora ulteriormente una situazione già abbastanza complicata. Non condividere le idee del proprio allenatore e non soddisfarne le esigenze di mercato, non è cosa da niente. Anzi, sembra un segnale diretto verso una meta ben precisa. Se la scelta è stata già presa, inutile ritardare il processo di un anno, in caso contrario, invece, sarebbe opportuno far sentire a Mancini un apporto totale e incondizionato. Condividere lo stesso progetto è fondamentale, proseguire diversamente sarebbe nocivo.

     

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