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  • 'Ecco l'Italia dei cori da stadio'. CM incontra Leonardo Colapietro

    'Ecco l'Italia dei cori da stadio'. CM incontra Leonardo Colapietro

    • Germano D'Ambrosio

    'Chi non canta resti a casa' è l'emblematico titolo di un volume, recentemente pubblicato dalla Bradipolibri, che si prefigge di raccogliere in un unico 'spartito' tutti i cori delle tifoserie italiane. Un mare magnun di sfottò, incoraggiamenti e vere e proprie... preghiere, in grado di fornire uno spaccato divertente ed interessante di quella (larga) parte del tifo che al lunedì, puntualmente, si ritrova senza voce. Calciomercato.com ha incontrato l'autore del libro, il giornalista fiorentino Leonardo Colapietro, per l'occasione in veste di deejay delle curve.

    Facile fare un libro così, in Italia. Qui il coro da stadio è considerato quasi una creazione artistica...

    'Siamo estremamente creativi, questo è vero. I cori, da sempre l'espressione massima del tifo, rispecchiano senz'altro lo spirito e la cultura sportiva che alberga nella nostra nazione, dove i cori offensivi verso gli altri sono pari a quelli che sostengono la propria squadra, a differenza per esempio di quanto avviene in Inghilterra, dove i cori contro non sono neanche concepiti. Abbiamo un ricco repertorio di musica dalla quale attingere le basi per costruirci e adattarci i testi. Spesso quelli che ascoltiamo sono riadattamenti di famose canzoni, a volte particolarmente riusciti'.

    Qual è il coro più divertente in cui ti sei imbattuto nel corso di questa ricerca, e quello che invece avresti preferito non ascoltare?

    'A me ha fatto particolarmente sorridere, tanto da pensare di farne un possibile titolo del libro, un coro dei napoletani che definirei molto attuale come argomento, cantato in occasione delle sfide con le milanesi, che fa: Pagaci le tasse, o Milano pagaci le tasse. Quello di cui non andare per nulla fieri è un coro degli interisti dedicato alla triste vicenda dell'ex giocatore della Juventus Gianluca Pessotto, che tentò il suicidio gettandosi dalla terrazza della sede della Juventus: La macchina di Bettega, Pessotto sul cruscotto, è salito al terzo piano, con il rosario in mano, perchè ti sei buttato Pessotto, sei tutto rotto'.

    Si può assegnare, in questo senso, la palma del migliore a una tifoseria in particolare?

    'Senz'altro si distinguono per ironia i fiorentini, per fantasia e calore i napoletani, per la poesia dei testi, se si può usare questo termine parlando di cori da stadio, i romani. Divertenti anche quelli che si dedicano a vicenda i cugini interisti e milanisti, ma in assoluto a mio avviso i cori più folli penso possano appartenere ai veronesi dell'Hellas'.

    Nel libro si parla anche di storiche rivalità: sono più forti, in Italia, quelle campanilistiche tra città, o quelle createsi a posteriori per ragioni di tifo?
    'Sicuramente quelle di genere campanilistico: si basano su rivalità che hanno secoli di storia in alcuni casi, o ragioni storico-sociali che vanno al di là del calcio. Sono ataviche, fanno parte della nostra cultura, appartengono anche a chi lo stadio non lo frequenta. Quella tra Livorno e Pisa è l'esempio più lampante e più colorito, quelle invece per esempio tra Verona e Napoli si basano su argomenti molto meno simpatici ma con cui occorre fare i conti. Certo che alcune rivalità, come quella tra fiorentini e juventini, o le stracittadine come Juventus-Torino e Roma-Lazio, non sono da meno'.

    Il coro da stadio, offensivo o meno che sia, resterà in vita nonostante la crisi che investe il mondo delle curve in Italia?

    'La crisi è vera, almeno nelle forme in cui il fenomeno ultras lo abbiamo conosciuto negli ultimi decenni. Il tifo è l'essenza stessa di questo sport, senza i cori il calcio di che saprebbe? E' l'ultima cosa che rimane ai tifosi…'.


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