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  • Ecco Spalletti 2.0, torna nel calcio rivoluzionato da iPhone e Facebook

    Ecco Spalletti 2.0, torna nel calcio rivoluzionato da iPhone e Facebook

    • Sandro Sabatini
    Questo sito c’era già. Ma se state navigando con la App di calciomercato.com, sappiate che dieci anni fa non era possibile. Perché era tutto da inventare. Era un altro mondo. E anche un altro calcio, quello che ci teneva compagnia. Eppure loro c’erano, esattamente dove sono in questo momento: Roberto Mancini sulla panchina dell’Inter e Luciano Spalletti su quella della Roma. Il nerazzurro identico: elegante e senza rughe proprio come oggi. Il giallorosso simile all’originale: è soltanto cambiato un po’ il look, da quell’inguardabile pizzetto filiforme a una carezza di barba sale&pepe per seguire la moda più recente.

    Dettagli. Particolari. Numeri: 2006-2016. Dieci anni e rieccoli, in versione 2.0. Allenatori d’esperienza internazionale di società nel frattempo diventate di proprietà internazionale. L’Inter indonesiana, la Roma americana. Nostalgia del milanese Moratti con i suoi uffici all’ombra del Duomo (ed è proprio così,  non il solito modo di dire)? Oppure nostalgia dell’accento romano della famiglia Sensi? Un po’ di affettuosa malinconia, forse sì. Ma anche i tifosi sembrano essersi abituati: i confronti presidente-allenatore si fanno in inglese. E non conviene parodiare su meeting e brain-storming e planning e strategy: la lezione di Mancini e Spalletti va insegnata anche ai bravi tecnici emergenti. Imparate l’inglese, sarà utilissimo. Di più: fondamentale.

    Qui però si sta divagando. Che c’entra to speak english, con le storie del Mancio e Lucianone? Sì, che c’entra. Perché sia il mondo sia il calcio sono cambiati, negli ultimi dieci anni. Ed è stato stravolto pure – attenzione al particolare – il mondo “attorno” al calcio. Ricordate quell’azzeccatissimo spot della banca costruita attorno a te? Ecco: Inter e Roma dieci anni fa erano costruite “attorno” al proprio allenatore. Per i Moratti e i Sensi, erano due di famiglia. Anche senza ricorrere ai luoghi comuni per cui si poteva improvvisare una cotoletta o un’amatriciana in compagnia, bastava telefonare per creare il contatto immediato. Ora, no: per sentirsi, va calcolato il fuso orario. C’è meno familiarità. E c’è tutto un mondo social, “attorno” ad agni allenatore, che è “colpa” di Steve Jobs e Mark Zuckerberg, perché dieci anni fa l’iPhone non esisteva e Facebook era poco più che una chat tra universitari. Ora sono strumenti micidiali per esaurire le batterie: soprattutto quelle psicologiche e nervose di qualsiasi personaggio pubblico, allenatori compresi.

    I social hanno annullato le distanze. Per capirlo, basta leggere i commenti su FB o Twitter o perfino Instagram: si trova di tutto e di più, come diceva un altro spot famoso (quello della Rai di tanti anni fa). Ma nei commenti si trova anche molta più cattiveria, con tutte le sue derivazioni, compresa l’ironia feroce. In ogni caso, se un allenatore accende il telefonino dopo una sconfitta e va a leggere, viene almeno toccato nelle sue convinzioni. Poi sicuramente resta colpito. E infine può rimanere travolto.

    Tantissimi anni fa, ricordo Hodgson che – nel suo primo anno all’Inter – viveva serenamente le critiche dei giornali e delle tv. Non dava peso. Sorrideva. Super flemma, grande fair-play. Comportamento british. Tutto molto bello, ma con un piccolo segreto: non capiva l’italiano. E qualsiasi traduzione, ovviamente, non aveva lo stesso effetto. Nella sua seconda stagione nerazzurra, Hodgson iniziò a comprendere di più la nostra lingua. Guardava la tv, leggeva i giornali. Si contrariava. S’arrabbiava. Gli restava tutto in mente, finchè la memoria gli diventò piena e non sopportò più nulla. Mise in stand by il distacco british, iniziò a tormentarsi sulle televisioni locali lombarde. Per lui, fu l’inizio della fine. Mi sembra che – a distanza di tanti anni – ci siano state analogie anche con Garcia e le radio romane, altra realtà importantissima, massima espressione di calcio parlato attorno a al calcio giocato.

    Ecco: oltre al mondo delle tv e delle radio, ora c’è tutto il resto. Il mondo social. Meraviglioso ma spietato. Da leggere attentamente prima dell’uso.

    Dieci anni dopo, i nuovi Mancini e Spalletti sono ancora simili ai loro esemplari originali. Inter e Roma si assomigliano molto meno, e non solo perché diventate società straniere che operano in Italia. Il mondo attorno al calcio è completamente cambiato. Per merito di Steve Jobs e Zuckerberg. Per colpa nostra che abbiamo conquistato il diritto di dire e scrivere qualsiasi cosa. “Dire, fare, baciare, lettera e testamento”: ricordate la penitenza di quando eravamo bambini? Ecco, adesso non esiste più: agli allenatori si può dire e fare (quasi) qualsiasi cosa, senza che esista poi una penitenza. E la loro lucidità ne risente. Dieci anni dopo, Mancini c’è già passato. Spalletti, ancora no. Attento. E bentornato.

     

    Sandro Sabatini (giornalista Mediaset – Premium Sport)

    Twitter: @sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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