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  • Esce 'Black Star', il regista a CM: 'Storia del virus dell'altro calcio'

    Esce 'Black Star', il regista a CM: 'Storia del virus dell'altro calcio'

    • Germano D'Ambrosio

    Storia di un altro calcio, quella raccontata dal film 'Black Star', che sabato verrà presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Roma. Storia di un campetto romano al centro di un'aspra contesa: da una parte un agguerrito comitato di quartiere, dall'altra quattro amici che difendono il diritto di vedervi giocare la propria squadra di calcio, composta da rifugiati politici, con l'obiettivo di farla partecipare al campionato cittadino. Squadra che, a ben vedere, esiste realmente: la pellicola si ispira infatti alle vicissitudini della Liberi Nantes Football Club, formazione che milita nel campionato di Terza Categoria laziale e concede una possibilità di riscatto a rifugiati, richiedenti asilo, vittime di torture e di violenze, e più in generale di tutti coloro che sono costretti a scappare dal proprio Paese per sopravvivere: i migranti forzati. Finzione e realtà finiscono così per fondersi in questo film prodotto da Point Film e Rai Cinema: Calciomercato.com ha incontrato in esclusiva il regista Francesco Castellani.

    Francesco, come hai conosciuto la Liberi Nantes Football Club?

    'L'incontro è stata una felice coincidenza della vita. Mi occupavo già da tempo di calcio e migrazione: avevo realizzato in Ghana un documentario sui tanti ragazzi africani che sognano di arrivare in Europa come calciatori e cambiare vita, ed ero sempre più convinto di approfondire in un lungometraggio cinematografico le tante suggestioni raccolte in quella esperienza. I Liberi Nantes con la loro avventura così particolare mi hanno subito colpito, erano il contesto ideale per me per dare seguito a quel desiderio. Realizzare con loro un documentario e una serie tv (nel 2009, ndr) poi mi ha permesso di conoscerli e mettere a fuoco sempre meglio i temi e le idee per il film che poi ne è nato'.

    Quanto la tua passione per il calcio ha influito nella scelta di realizzare questo progetto?

    'Il calcio è la mia passione da sempre: da ragazzo giocavo in porta, frequentavo campetti di terra polverosa come quello protagonista di Black Star; ho sempre amato le squadre che, dall'Ajax degli anni '70 fino al Barcellona di oggi, propongono una filosofia di gioco offensivo, collettivo e spettacolare. Indubbiamente la passione per il calcio ha inciso nella mia scelta di fare questo film, ma il calcio slegato dalla vita delle persone, dalle loro passioni e dai loro sogni non mi interessa; del calcio è bella la dimensione umana e vitale, il suo essere un gioco di squadra che funziona solo se tutti fanno la loro parte, perchè resto convinto che anche nella vita come nel calcio è il gioco di squadra che fa la differenza'. 

    La voce narrante del film è l'attore comico Marco Marzocca. Da cosa nasce questa scelta?

    'Marco è una persona di grandissima umanità; ha grande successo per la sua ironia e comicità, ha inventato personaggi indimenticabili, ma è anche un attore completo. Quando io e David Turchi, che ha scritto il film con me, abbiamo deciso che il campo di calcio sarebbe stato il narratore della storia, non abbiamo mai pensato ad altri che a Marco: volevamo una voce speciale come la sua, piena di toni popolari e assolutamente naturale. Volevamo che il campo fosse uno del quartiere, parlasse con la semplice spontaneità e l'ironia di cui è capace Marco. La sua presenza nel film è sicuramente un valore aggiunto importante'.

    Nel film il campetto di calcio del quartiere è al centro di una contesa: al giorno d'oggi di strutture pubbliche del genere ce ne sono pochissime, l'attività sportiva è nelle mani dei privati e delle loro tariffe. Le istituzioni dovrebbero fare di più per favorire la creazione di spazi a disposizione dei cittadini?

    'La perdita progressiva di identità delle nostre città sta uccidendo il sentimento di appartenenza ad una grande comunità, e la mancanza di spazi pubblici, di luoghi di incontro aperti, non mediati da rapporti commerciali, non fa che peggiorare le nostre solitudini. Succede per le periferie, succede per i centri storici invasi dal commercio, succede per gli spazi sportivi. Lo sport, il calcio in particolare, ha una potenza di aggregazione eccezionale che livella, avvicina e unisce; i Liberi Nantes ne sono un esempio evidente. Il film mette al centro della narrazione proprio il tema dello spazio individuale e collettivo: spazio di vita, di espressione, di gioco, di relazione e di confronto. Solo politiche intelligenti che rimettano al centro il tema dello spazio vitale delle persone e delle collettività possono recuperare una situazione così compromessa'.

    I giocatori della Liberi Nantes hanno una provenienza eterogenea: quali sono, in genere, i loro riferimenti calcistici?

    'I ragazzi della squadra, come tutti i ragazzi del mondo, sognano gli stessi eroi: anche in Africa o in Afghanistan l'immagine del calcio dominante è quella diffusa nel pianeta dai media e rimbalzata dalle parabole satellitari fin nei più sperduti villaggi: Messi, Iniesta, Cristiano Ronaldo, Rooney sono le divinità condivise aldilà delle barriere di lingua e di cultura. E poi per chi arriva qua e deve ricostruirsi una vita c'è anche la voglia di identificarsi e di appartenere ad un gruppo: nei Liberi Nantes si tifa soprattutto italiano: Juve, Inter, Lazio, Roma, Napoli, ma sempre tenendo un occhio e il cuore alle nazionali africane come Nigeria, Costa d'Avorio o Camerun'.

    Qual è l'accoglienza che riceve la Liberi Nantes, squadra decisamente atipica per il panorama locale, quando va a giocare in trasferta, sui campetti polverosi della periferia romana?

    'Questo è uno degli aspetti più interessanti dell'avventura dei Liberi Nantes, una squadra nata con una idea precisa di solidarietà e direi di comunicazione sociale. La loro presenza in un vero campionato ha avuto una funzione virale; la squadra è il virus dell'altro calcio, è la bandiera di un altro modo di giocare e pensare il calcio, che sta contaminando positivamente un ambiente ingessato in abitudini consolidate negli anni. All'inizio non è stato facile, ma il calcio come dicevamo è uno strumento fantastico di integrazione, e nella storia dei campionati giocati dai Nantes, gli episodi di amicizia, di condivisione e rispetto superano di gran lunga i momenti difficili e le ostilità'.


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