Calciomercato.com

  • Fabrizio Ferrari:| 'Calciatori, più garanzie da agenti'

    Fabrizio Ferrari:| 'Calciatori, più garanzie da agenti'

    Il 31 agosto si è chiuso il calciomercato, l’appuntamento più sentito dai calciofili in quanto vengono portati a termine acquisti e vendite dei calciatori. Si tratta, in realtà, di tre giorni in cui vengono svolti lavori residuali, avendo gli agenti già lavorato tutto l’anno con le varie società. Abbiamo deciso di iniziare ad incontrare il mondo degli operatori che lavorano nel calciomercato, e quindi procuratori e direttori sportivi, per verificare da vicino lo stato dell’arte di questo momento della vita organizzativa dei club.
    Il nostro percorso inizia con l’incontro in un albergo milanese, come si conviene a questo mondo, con Fabrizio Ferrari, che ha un profilo professionale adeguato essendo avvocato e con un passato da sportivo.

    Spesso voler fare l'agente di calciatori è un'ambizione di molti, anche perché alla professione di procuratore è legata un'immagine di successo


    Fabrizio Ferrari:
    Io credo che quest'immagine sia sostanzialmente sbagliata perché è un'immagine glamour dovuta anche ai media, un'immagine legata solo a quello che appare in superficie, al fatto di mangiare in ristoranti alla moda e incontrarsi in alberghi molto belli, al fatto di parlare di milioni di euro, ma in realtà il lavoro di procuratore è molto più triste e complicato di quello che può sembrare. E' un lavoro fatto di rapporti, di viaggi, di partite viste e di delusioni su giocatori che magari non firmano con te ma con un altro; quindi sotto la punta dell'iceberg di un singolo trasferimento c'è tanto lavoro. Poi è chiaro che quando un procuratore è ad alto livello appare solo quello o ovviamente più ad alto livello un agente lavora più diventa facile lavorare e diventare ricchi, ma per arrivare a quel punto c'è una gavetta importantissima, di anni. C'è inoltre molta selezione, tant'è che i procuratori di oggi son gli stessi di dieci e più anni fa, io tuttora sono considerato un giovane nell'ambiente e ho 43 anni.
    Vediamo come nasce questa sua attività, come ha iniziato?

    Fabrizio Ferrari: Ero già nell'ambiente sportivo dato che ero un professionista nella pallavolo. Ho giocato a Ferrara, Sesto Fiorentino, nel Messaggero Ravenna. Poi per riuscire a conciliare lo studiare giurisprudenza con l'attività sportiva, giocai vari anni in serie B. Mi laureai a Ferrara e cominciai piano piano a lavorare come avvocato. All'epoca molti miei ex-compagni della pallavolo mi chiedevano di curare i loro interessi, iniziai con alcuni giocatori del Ravenna e da lì presi poi a collaborare con Claudio Vigorelli col quale iniziai a occuparmi dei trasferimenti internazionali e di contratti sia professionali che di sponsorizzazione. Dopo un pò ho iniziato a occuparmi di giocatori, la mia figura professionale di avvocato si è quindi distaccata da quella di agente, passai l'esame da agente e iniziò la mia carriera da procuratore.
     

    Oggi segue principalmente tre mercati: Italia, Francia e Belgio; nota delle differenze nel modo di operare? Per esempio da noi in genere operano studi professionali più piccoli rispetto alle grandi agenzie estere

    Fabrizio Ferrari: Credo alla base ci sia una questione culturale, i giocatori stessi non amano essere seguiti da agenzie grosse, alla fine il rapporto inter-personale fra atleti e agenti conta tanto. Con Fioranelli-Morabito e Vigorelli c'era l'idea di creare una grande agenzia internazionale ma l'idea è fallita perché i giocatori preferivano avere un rapporto personale con il singolo procuratore, quindi l'idea di agenzia si risolveva in tante piccole mini-agenzie, perdendo di senso. In Italia almeno c'è questo tipo di cultura.

     

     Si è sempre detto che il procuratore, nell'attività di affiancamento ai calciatori, rappresenta un pò l'amico fraterno col quale il giocatore si confida a cui si delegano anche le pratiche quotidiane come le bollette, avviene ancora così?

    Fabrizio Ferrari: No, fortunatamente adesso ci son le mogli. Come agente è infatti fondamentale una buona relazione e complicità con le mogli e con i familiari dell'assistito. L'affiancamento potrebbe riguardare più gli aspetti di cura dell'immagine del giocatore ma dato il momento di crisi di sponsorship quest'aspetto è crollato. Anche i siti internet non richiedono più operazioni di cura dell'immagine dell'assistito dato che i siti stessi han perso d'interesse, ormai i giocatori si divertono più con Twitter che aggiornano direttamente risultando uno strumento più veloce e immediato che riscuote maggior interesse e seguito.


    Ci potrebbe essere una crescita della figura professionale del procuratore?

    Fabrizio Ferrari: Si, ognuno poi può avere idee diverse in proposito. Ho un collaboratore che si occupa di golf e marketing, per quanto mi riguarda questa è una strategia vincente perché è ciò che m'interessa fare, avendo iniziato nella mia carriera proprio dal marketing ma dipende sempre da come interessa sviluppare il progetto personale di agente di calciatore. Cercherò in seguito di avere un consulente in Francia e uno in Belgio.
     

    Quanti calciatori può seguire un procuratore?


    Fabrizio Ferrari: Se tutti gli assistiti giocassero nella Serie A oltre i 10-15 diventerebbe difficile e quasi umanamente impossibile.
     

    In questo senso ci potrebbe essere un’evoluzione nel senso che non conta tanto il numero di calciatori seguiti da un agente ma un'eventuale crescita delle opportunità dei calciatori stessi, per esempio nel marketing o nella presenza a determinati eventi?

    Fabrizio Ferrari: All'inizio della mia carriera seguendo i calciatori dal punto di vista della sponsorship mi sono divertito e ho imparato molto. In quel periodo l'agenzia per cui lavoravo aveva una decina di calciatori in serie A e una decina in Premier, era dura ma non così dura come potrebbe essere adesso che il giro di affari delle sponsorship è diventato molto più basso. Ho stipulato contratti con la Puma per Stankovich, con Adidas, con Nike, con Diadora, con Lotto, è stato molto interessante.

     

    Invece per quanto riguarda la compravendita dei calciatori non ci sono rappresentanti della sua categoria che tendono a esagerare nella spinta al passaggio di squadra da parte del proprio assistito?

    Fabrizio Ferrari: La percentuale sul trasferimento all'agente del calciatore viene pagata nelle annualità del contratto quindi non c'è questo vantaggio a cambiare squadra, a meno che non ci sia un vantaggio nello stipendio del calciatore, piuttosto che un'operazione di trasferimento da un club a un altro in cui il procuratore è agente per il club. In Francia, c'è un'usanza diversa: l'agente del calciatore può essere pagato dal club in due anni anche se il contratto stipulato è, per esempio, di quattro anni. Questo porta tanti agenti stranieri dopo due anni a chiedere un rinnovo del contratto o a richiedere un trasferimento perché dopo i due anni di pagamento non ricevono più la percentuale. Ciò porta a rimescolare le carte, in Italia questo succede meno, anche perché da regolamento interno l'agente deve essere pagato dal calciatore quindi ciò comporta meno la spinta a trasferimenti. In alcuni Paesi esteri è invece permesso al club di pagare la percentuale all'agente sostituendosi al calciatore.

     

    Tornando ai contratti dei calciatori non è anacronistico parlare di contratti collettivi? Voi agenti cosa ne pensate?

    Fabrizio Ferrari: E' una situazione di cui si discute ormai da anni. Sono convinto che un calciatore non può essere legato a questo tipo di contratto come può esserlo un altro tipo di lavoratore. C'è una mobilità completamente diversa, sono stipendi completamente diversi. Credo che idealmente si possa arrivare a un contratto da libero professionista. Probabilmente lo Stato stesso non si è mai interessato a cambiare le cose, infatti un giocatore che guadagna due milioni di euro lordi ne porta uno nelle casse dello Stato. Sarebbe più favorevole che un giocatore facesse fattura con tassazione Iva, in realtà è una soluzione che non interessa concretamente a nessuno. I giocatori preferiscono che la tassa sia pagata alla fonte, in Italia si discute il netto e non il lordo per cui i giocatori non hanno idea della tassazione. In Francia o in Inghilterra pagano al lordo quindi il calciatore dalla busta paga versa successivamente le tasse.

     

    Sulla questione della selezione degli agenti cosa ne pensa?

    Fabrizio Ferrari: Dovrebbe diventare un ambiente molto più professionale e qui la FIFA ha le sue colpe, dovrebbero restringere le condizioni riguardo alla possibilità di diventare agente. Bisognerebbe poter consentire al giocatore di esser sicuro che la mia professionalità sia alta. In Italia poi c'è un alto numero di agenti e tanti ogni anno lo diventano con la modalità dell'esame. Capisco che da un punto di vista costituzionale ci sia l'obbligo di non limitare l'accesso a una professione ma non c'è lavoro. In questo momento in questo lavoro non c'è più spazio. Lo scoglio dovrebbe essere un minimo di fatturazione, anche per dare garanzie di affidabilità, se uno è iscritto all'albo ma non opera, magari da dieci anni, che garanzie di professionalità può dare?

     

    Quindi c'è un problema di qualità fra gli agenti ma c'è anche un problema di identità della categoria?

    Fabrizio Ferrari: C'è molta divisione all'interno, che è microfrazionato e ognuno pensa più che altro a "curare il proprio giardinetto". Adesso c'è stata una sorta di risveglio generale dovuto alle continue indagini della procura federale. Certo in passato si erano verificate alcune cose fatte male dal punto di vista formale, aspetti che andavano sicuramente sistemati, ma oggi si è instaurato uno stato di terrore forse un tantino eccessivo. Io stesso, compilando i moduli ho paura di fare un piccolo errore che possa portarmi a essere indagato, squalificato o multato. Il problema è anche che noi agenti siamo una figura ibrida, siamo giudicati dalla giustizia sportiva senza essere dei tesserati.

    Chiudiamo con il "mitico" calciomercato: ci potrebbe essere un'evoluzione in cui non ci sia più l'aspetto folkloristico dei tre giorni di chiusura?


    Fabrizio Ferrari: Considera che da un lato fa parte della nostra cultura, magari nella furbizia di aspettare l'ultimo giorno nel chiudere un contratto di corsa per guadagnarci, ciò è abbastanza naif. A parte questo gli stranieri ci invidiano il raduno del calciomercato. Se pensi che se vado in Francia per degli appuntamenti devo prendere vari treni e aerei per vedere varie squadre, qui da noi in quei tre giorni di chiusura del mercato nel raggio di tre chilometri posso incontrare chi m'interessa senza viaggiare. Credo sia complicato organizzare il calciomercato in modo diverso. La cosa che proporrei è invece un accorciamento dei tempi, dovrebbe essere massimo di un mese e chiudere prima dell'inizio dei campionati.


    Altre Notizie