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  • Football Leaks: Roma e Inter, di chi sono i cartellini di Iturbe e Kovacic?

    Football Leaks: Roma e Inter, di chi sono i cartellini di Iturbe e Kovacic?

    • Pippo Russo

    Quanta Italia c’è negli 1.9 terabyte di documenti a disposizione di Football Leaks? Parecchia, stando a quello che si apprende leggendo l’edizione del l’Espresso andata in edicola stamani. Il corposo lavoro condotto da Vittorio Malagutti e Stefano Vergine mostra una prima parte dei dati e delle storie riconducibili al calcio italiano.

    Altri documenti seguiranno, ma intanto questa prima ondata è sufficiente per piazzare due punti fermi:
    1) il calcio italiano è pienamente integrato nel gioco dell’economia offshore;
    2) le grandi centrali di questa economia e i loro pupari stanno altrove, e in questo senso il calcio italiano dimostra una volta di più d’essere scaduto al rango di periferia.


    Le storie passate in rassegna in questo numero sono diverse, con distinti gradi di coinvolgimento dei club italiani. Gli intrecci più fitti riguardano i casi di Juan Manuel Iturbe e Mateo Kovacic (LEGGI QUI). Il dossier relativo ai movimenti dell’attaccante argentino era chiacchierato da tempo, quello relativo al centrocampista croato presenta invece elementi inediti.

    IL CASO ITURBE - La vicenda di Iturbe vede sin dall’avvio la presenza dei fondi d’investimento. L’attaccante arriva in Europa quando ancora è minorenne, proveniente dal club paraguaiano del Cerro Porteño e diretto al Porto, cioè uno dei club più organici al sistema di economia parallela del calcio globale. Quando arriva in Italia, al Verona, Iturbe è controllato da tre soggetti: il Porto, la Pencil Hill Limited (società con sede le gale in Inghilterra nonché vicinissima all’agente argentino Gustavo Mascardi, come dimostra a ripetizione la querelle scatenata contro il Palermo riguardo al passaggio di Paulo Dybala in rosanero LEGGI QUI), e il Soccer Invest Fund. Quest’ultimo è un fondo d’investimento portoghese, controllato da MNF Capital, che tra il 2011 e il 2012 si accaparra diritti economici di calciatori del Porto, ma che curiosamente ha fra i suoi principali dirigenti un componente del board dello Sporting Clube de Portugal, José Francisco Lino de Castro. Nell’estate del 2014 il Verona riscatta Iturbe dal Porto spendendo una cifra davvero impegnativa, per una società di quelle dimensioni: 15 milioni. Poche settimane dopo Iturbe viene ceduto alla Roma per 22,5 milioni più 2,5 milioni eventuali in bonus (LEGGI QUI). Questo è ciò che si sapeva guardando all’ufficialità della vicenda. Ciò che invece si scopre attraverso i documenti di Football Leaks è un dettaglio inserito nel contratto di cessione dal Verona alla Roma. C’è un passaggio in cui si parla di un versamento da 1 milione più Iva, su un conto corrente svizzero, a beneficio di Lastcard, una società neozelandese rappresentata da Gustavo Mascardi. A che titolo, questo versamento? Non si capisce, così come non è chiaro per quale motivo sia previsto che la medesima Lastcard si veda assicurare un 20% sulla cifra della eventuale cessione di Iturbe da parte della Roma. In attesa che la società giallorossa fornisca un chiarimento va sottolineato che, a soli tre mesi dal passaggio di Iturbe alla Roma, Lastcard ceda i propri diritti a Delta Limited, società registrata a Panama. Come riferiscono Malagutti e Vergine, l’amministratore di Delta Limited è Francesco Cuzzocrea, un fiduciario svizzero che gestisce diverse società offshore. Fra queste, alcune riconducibili all’imprenditore italo-nigeriano Gabriele Volpi, proprietario dello Spezia e del Rjeka, oltreché della Pro Recco di pallanuoto, squadra della cittadina natale dell’imprenditore. E riguardo alla figura di Volpi e ai suoi possedimenti sportivi, aggiungo un paio di dettagli a quanto riportato nell’articolo dell’Espresso. Lo scorso mese è emerso un giro di pagamenti in nero in favore dei tesserati della Pro Recco, effettuati con denari provenienti dalla Svizzera (LEGGI QUI). E ancora bisogna ricordare che, giusto nel periodo del passaggio di Iturbe da Verona, Volpi veniva dato come un personaggio molto vicino al club scaligero e al presidente Maurizio Setti, tanto da provocare reazioni stizzite da parte di quest’ultimo (LEGGI QUI). E adesso scopriamo questo signor Cuzzocrea a capo di una società che ha rilevato i diritti su Iturbe, ma ovviamente sarà la solita coincidenza.

    LA NOVITA' KOVACIC - Risultano inediti, invece, i dettagli su Mateo Kovacic. Il calciatore che, come sottolineano Malagutti e Vergine, continua a essere trasferito a cifre molto alte a dispetto dell’aver dimostrato fin qui ben poco del talento che gli viene accreditato. I documenti di Football Leaks riferiscono che quando l’Inter acquisì Kovacic dalla Dinamo Zagabria per 11 milioni (era gennaio 2013), metà del suo cartellino appartenesse a Profoot International Limited, un fondo d’investimento con sede a Hong Kong i cui proprietari sono ignoti. Consultata dall’Espresso, la società nerazzurra ha dichiarato di non essere al corrente di questa situazione del calciatore, e di aver pagato l’intera cifra d’acquisizione alla Dinamo Zagabria. Ma su questo dossier c’è da veder chiaro riguardo a un punto specifico. Non è un caso che gli autori dell’articolo parlino di “proprietà del cartellino”, e non di “diritti economici”. Perché se si trattasse di questi ultimi, il giro offshore si concluderebbe col trasferimento del calciatore all’Inter. E invece a marzo 2015, come riferiscono i documenti di Football Leaks, il 50% del cartellino di Kovacic viene trasferito dalla Profoot International Limited di Hong Kong alla quasi omonima Profoot International Ltd con sede nel Regno Unito. Ma se i diritti economici sono stati acquisti dall’Inter a gennaio 2013, perché due anni dopo Kovacic continua a essere un asset finanziario che passa di mano? O forse il vero interrogativo è: a chi appartiene Kovacic?

    GLI ALTRI DOSSIER - Altre storie raccontate in questa prima puntata di rivelazioni dell’Espresso toccano gli juventini Higuain e (in misura minore) Alex Sandro. E poi c’è quella che riguarda la “beneficenza” di Fabio Capello (QUI LA SECONDA PARTE DELL'INCHIESTA) L’attaccante argentino mostra una consuetudine di lunga data con l’offshoring, che precede il suo arrivo a Napoli. Quanto a Alex Sandro, il suo passaggio dal Deportivo Maldonado (club ponte dal quale sono passati Marcelo Estigarribia e l’oggetto misterioso della Fiorentina, Hernan Toledo) permette di chiarire che fino a qualche tempo fa, dietro il misterioso club uruguayano, agisse l’argentino Gustavo Arribas. Che è un notaio bonaerense e ex agente di calciatori, e da febbraio di quest’anno è capo dell’AFI (Agencia Federal de Investigacion), cioè dei servizi segreti argentini. A piazzarlo lì è stato Mauricio Macri, il neo presidente della repubblica argentino che in precedenza è stato presidente del Boca Juniors. Quanto a Fabio Capello, la vicenda è curiosa. Durante il periodo in cui svolge (con risultati che si riveleranno scadenti) il ruolo di CT della nazionale russa, Capello accetta di prendere parte alla carovana del “Leo Messi & Friends Tour”, che per l’estate 2013 organizza tre partite il cui incasso dovrebbe finanziare la fondazione benefica del campione argentino. Le date del tour sono: il 2 luglio a Lima, il 4 a Los Angeles e il 6 a Chicago. Come sottolineano i giornalisti dell’Espresso, quella tournée è un fiasco. La data di Los Angeles viene annullata con un giorno di preavviso causa indisposizione di Messi. Per quanto riguarda la gara di Chicago, la rappresentava del Resto del Mondo che sfida gli Amici di Messi viene messa su raccattando calciatori sudamericani sconosciuti. Capello ha il compito di allenare la squadra degli avversari di Messi. Lo fa gratis? Non esageriamo. I documenti parlano di un ingaggio da 75 mila dollari più sistemazione in hotel a cinque stelle e voli in business class. E poi c’è il ruolo di Doyen Marketing, che emette una serie di fatture. Una ha come destinatario la Players Image di Montevideo, società che ha formulato a Capello l’offerta per partecipare alla carovana. Un’altra è indirizzata all’allenatore con la seguente causale: “Commissione dovuta per Lionel Messi matches”. Beneficenza anche questa? Interpellato dall’Espresso, l’avvocato Pierfilippo Capello ha smentito che il padre abbia mai pagato commissioni a Doyen. Resta però il documento, così come si segnala un altro pagamento, effettuato da Doyen alla londinese JAJ Communication. Causale, ancora una volta, “Commissione per la partecipazione di Fabio Capello ai Messi & friends games nel 2013”. E questa sì che è una Collezione Capello.

    @pippoevai
     


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