Calciomercato.com

  • Romamania: la democrazia di DiFra e il totalitarismo di Sarri e Spalletti

    Romamania: la democrazia di DiFra e il totalitarismo di Sarri e Spalletti

    • Paolo Franci
    P { margin-bottom: 0.21cm; }

    Gerson. Una parola, una sola. In quelle sei lettere è racchiusa la differenza tra la Roma di Spalletti e quella di Di Francesco. Celebrazioni a parte per la doppietta a Firenze  - sul QN ho scritto che il secondo gol di mancino è come il sinistro sul ring di Sugar Ray Robinson, che fu definito “il colpo perfetto” - Gerson è il simbolo di un movimento di pensiero, di una filosofia democratica che si contrappone nettamente al totalitarismo di Sarri e Spalletti. Avete sentito cosa ha detto Manolas inquadrando i meriti di Di Francesco? “Il tecnico dà minuti a tutti e tutti hanno più fiducia aiutando la squadra”. Con Spalletti e Sarri giocano sempre gli stessi e, s'è visto ieri con il Napoli, la filosofia non paga. Soprattutto se hai le coppe che ti risucchiano energue mentali e fisiche. Le coppe: altra scusa per molti. Come mai la Roma è decollata nel secondo tempo pur avendo giocato non contro una qualunque, ma contro il Chelsea? E come mai il Napoli ieri era sulle ginocchia? Sarà mica per il turn over?


    ​Sarri, ieri, ha sottolineato come l'attacco non fosse in palla. E allora sentite qui: Mertens ha fin qui giocato 996 minuti in campionato, 465 in Champions e 620 in nazionale. Callejon 975 in 'A', 523 in Europa e 17 in nazionale. Per non parlare di Insigne: 1028 in Italia, 506 in Coppa, 563 in azzurro. E le loro riserve? Essendo out Milik, si pensava ad un maggior minutaggio per Ounas e Giaccherini. E invece: 57 minuti in campionato e 20 in Champions per il franco-algerino, mentre per Giak è andata anche peggio: solo 59 minuti in campionato. Spalletti, invece, ha un alibi robusto: non ha le coppe quindi può assecondare sé stesso e la sua fissa per i titolarissimi, rischiando minori contraccolpi. Sì ma a Roma non fu mica così. A Roma Totti non serviva più neanche per dieci minuti. Grenier giusto quando proprio non se ne poteva fare a meno. Vermaelen lasciato lì a galleggiare, Mario Rui ignorato a più riprese - a proposito ma avete sentito cosa ha detto Sarri in zona mista? “Ghoulam ci mancherà sempre, mi manca anche in allenamento...”, sincerità a parte, saranno contenti quelli che sono chiamati a sostituirlo fino a marzo ... - e le riserve avevano ben chiaro il ruolo di riserve e niente più, tranne rari casi.

    E siamo alle differenze: Per Di Francesco tutti, davvero, sono titolari e non a chiacchiere: Gerson in campo dal primo minuto allo Stamford Bridge ne è la prova. Per i rivali le riserve sono riserve e basta. Si dirà: anche Spalletti aveva gettato Gerson nella mischia a Torino contro la Juve, schierato da esterno a destra. Sì, ma con compiti diversi rispetto a quelli attuali e un crac annunciato dopo pochi istanti. Ora Gerson funziona, è una risorsa da esplorare che potrebbe addirittura fare la differenza nei prossimi mesi. Segno che il tecnico ha saputo toccare le corde giuste, magari sotto voce, con tono fermo ma incoraggiante. E il ragazzo ha ripagato con gli interessi, quello stesso ragazzo che con Spalletti sembrava uno capitato per caso sui campi di Trigoria. Proprio lo Spalletti romanista, dopo il tracollo nelle coppe contro Lazio e Lione, rispondendo a distanza al suo presidente James Pallotta, che aveva accennato alla futura politica dei giovani, disse: “Se si vuole percorrere la strada dei giovani bisogna smettere di pensare alla vittoria”. Vedremo.


    Altre Notizie