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  • Giropalla: il progetto Luis Enrique e l'uomo in meno

    Giropalla: il progetto Luis Enrique e l'uomo in meno

    Un occhio esperto per superare le chiacchiere da Bar sport, le polemiche superficiali e il can-can mediatico: in esclusiva, per calciomercato.com, le riflessioni tattiche di Marco Alboni, allenatore abilitato Uefa B e tecnico delle Giovanili S.S LAZIO.


    Essendo nato e cresciuto a Roma con il calcio nella testa e con la predisposizione mentale di acquisire nozioni utili in materia calcistica , non potevo rimanere indifferente davanti all' idea che proprio a Roma si potesse consumare una "rivoluzione" tecnico, tattica, manageriale, gestionale e promozionale. Sto parlando del progetto Roma, che ci e' stato disegnato come roba di "ultima generazione", mentalita' nuova, gestione all'americana, tecnico spagnolo e staff tecnico societario italiano. Una fusione di culture e di idee che ha incuriosito un po' tutti.  

    Nuova societa' con azionisti Americani (che a dirla tutta hanno sempre avuto poca confidenza con il soccer) e staff tecnico italiano composto da Sabatini e Baldini. La pedina mancante, ma piu' attesa era la scelta del tecnico. Nel toto-allenatore sono passati al vaglio di tifosi, addetti e non, decine di tecnici, ma dal cilindro e' uscito un nome completamente nuovo: Luis Enrique. Ex calciatore di successo, da tecnico era assolutamente sconosciuto in Italia, nonostante la breve esperienza con la squadra B del Barcellona.

    Non era mai entrato nel panorama dei "papabili" per una panchina di top class come quella giallorossa, ne’ era stato avvicinato ad altri club italiani. L'unica garanzia, per tutti i ben pensanti, era la provenienza dal fantastico Barcellona, il club che esprime il miglior calcio al mondo.

    Chi fosse il tecnico del Barcellona A (Guardiola) e come facesse giocare al calcio la propria squadra lo sapevamo tutti, difficile era invece capire se il tecnico B del Barcellona fosse stato in grado di trapiantare le medesime idee od averne di proprie senza scimmiottare quelle dei catalani.

    Ci troviamo dopo nove mesi di lavoro con gli stessi dubbi e le stesse incertezze iniziali. E' vero, nove mesi non sono tantissimi, ma sono un’eternita' nel mondo del calcio, soprattutto se si pensa che per alcuni tecnici sono sufficienti due mesi di lavoro per essere giudicati e silurati. Si era premesso, a ragione, che non poteva essere associato ad una nuova idea di gioco un risultato ed un riscontro istantaneo. A prescindere, pero’, dai punti di vista di imprescindibile nel calcio ci sono gli effetti sul campo e la Roma e' lontana anni luce dalle zone di classifica che contano- Milan e Juve sono assai distanti, 'ultimo posto utile per la Champions League e' un miraggio ed ora sembra difficile anche un posto in Europa League. A cio’ va aggiunto che il tecnico spagnolo è andato fuori prematuramente dall’Europa e anche dalla Coppa Italia 2011/2012.

    Tatticamente,  l'unico marchio di fabbrica di Luis Enrique e' l'impressionante capacita' di concedere situazioni offensive alle squadre avversarie: la Roma ha subito finora piu' gol di Bologna, Chievo, Siena,Cagliari, squadre atte alla lotta per la salvezza .

    Nemmeno e' ipotizzabile che questi esagerati squilibri difensivi siano dettati da una forte propulsione offensiva della squadra , la Roma crea poche palle gol e tira poco in porta: ha realizzato gli stessi gol del Palermo (decimo in classifica) . L'unica rilevanza tattica a favore del gioco di Luis Enrique e' il possesso di palla, che si manifesta pero’ soprattutto nella zona centrale del campo. Questo dato, pero’, e' facilmente leggibile in chiave tattica dai tecnici avversari in quanto la Roma, per scelta, porta i due difensori esterni (terzini) sulla linea mediana, vanno ad aggiungersi ai 3 centrocampisti centrali e la densita' nella zona mediana aumenta con l'apporto anche del 6° giocatore, solitamente una punta (come Totti ) che si stacca dalla linea d'attacco e si abbassa vicino ai centrocampisti.

    Vedendo le partite della Roma le sensazioni e le conseguenze in campo sono sempre le medesime: 6 giocatori (3 centrocampisti, 2 difensori esterni e 1 punta bassa) vengono a palleggiare a meta' campo, la palese superiorita' numerica in quella zona del campo (6 vs 4 o 6 vs 3) ovviamente favorisce il fraseggio ed il possesso di palla, ma di contro la squadra si espone al 2 vs 2 ogni qualvolta gli avversari intercettano le linee di passaggio. I difensori centrali della Roma difendono sempre in parita' numerica con gli attaccanti avversari.

    Vedendo le prime partite (in casa con Cagliari e Siena e fuori con l'Inter) si pensava o si sperava, che gli squilibri tattici e gli scriteriati schemi difensivi fossero dettati da meccanismi ‘poco oliati’ e dal poco tempo di lavoro dedicato ai nuovi schemi da assimilare; a nove mesi di distanza, analizzando le ultime due gare (Atalanta e Lazio), ci troviamo di fronte a sei gol subiti, a clamorose incursioni degli avversari attaccante vs difensore e alla chiara sensazione che ogni palla rubata a metà campo possa trasformarsi in gol. Noto, da tempo, un altro particolare che spesso va ad influire sulla condotta di gara della squadra di Luis Enrique: 8 giocatori espulsi nella stagione in corso,  parecchi dovuti a falli da ultimo uomo o tentativi disperati dei difensori giallorossi di rimediare a squilibri tattici. Nel derby di ieri l'equilibrio e' stato spezzato appena dopo otto minuti quando si e' ripresentata la solita situazione di un attaccante avversario lanciato di gran carriera verso il portiere giallorosso, costretto al fallo per evitare il gol.

    Insomma  indolenze e scempi  tattici  che si  ripetono con la cadenza di un orologio svizzero. Nel dopo gara Luis Enrique ha dichiarato di non voler giocare le partite in inferiorita' numerica ed a questa affermazione rispondiamo con una domanda: ma non sara' proprio Luis l’uomo in meno di questa Roma?


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