Calciomercato.com

  • Guardiola e quella frase sul calcio italiano, che dà troppa importanza alla preparazione atletica

    Guardiola e quella frase sul calcio italiano, che dà troppa importanza alla preparazione atletica

    • Antonio Martines
    Nell'immediato dopo Juve-Bayern, durante la conferenza stampa ci sono stati due risposte di Guardiola che hanno sorpreso non poco i giornalisti presenti in sala e i lettori che il giorno dopo hanno visto anche le immagini su internet. Il tecnico catalano, visibilmente innervosito per il risultato appena maturato rispondeva in modo alquanto velenoso a un paio di domande dei giornalisti italiani. Una riguardava la Juve, e come sempre portava con se la solita dose di critica e malizia nei confronti della tenuta europea della squadra bianconera, ma non è su questa che vogliamo soffermarci quanto piuttosto su quella che ha fatto sbottare Guardiola con un: “So bene che la condizione fisica in questo paese è una delle cose più importanti, ma per me non c'entra un cazzo. Per me non esiste la condizione fisica come una questione individuale. Quando ricevi un gol, la questione animica, diventa importante, la loro è più alta, la nostra è più bassa”. Questa frase è rivelatrice del personaggio Guardiola. Facciamo subito una doverosa precisazione, il catalano non è affatto un tipo tranquillo e compassato come spesso è stato dipinto dai media in questi anni, si tratta piuttosto di un uomo molto emotivo tendente ad uno stato d'animo di perenne esaltazione (e il suo gioco lo dimostra) che però canalizza il suo esubero energetico attraverso la disciplina, il lavoro e una maschera da tranquillo. Tutto il contrario di un Mourinho invece, che da sempre indossa la maschera dell'istrione brillante e vulcanico e invece non è altro che il solito sensibile atrabiliare portoghese, nel suo caso pure tendente allo psicolabile; si è visto quest'anno con il Chelsea, dove in più di un'occasione era sul punto di scoppiare in lacrime davanti alle telecamere. Ma non è questo che ci interessa, a noi interessa quell'aggettivo utilizzato da Guardiola nella sua frase, vale a dire: “Animico”, cioè spirituale, dell'anima, relativo quindi anche alla condizione psicologica e corporea. E' da li che bisognerebbe partire per capire Guardiola e provare a trovare un antidoto al suo gioco meraviglioso e terribile allo stesso tempo. Un gioco per il quale – non dimentichiamocelo mai – non è stato ancora trovato un antidoto, e difficilmente verrà mai trovato, se si continuerà a ragionare in termini di pura tattica e di condizione atletica. Quando si dice che il valore assoluto del Bayern è superiore a quello della Juve, si dice solo una mezza verità. La differenza tra le due squadre non viene tanto dai giocatori, quanto piuttosto, dalla filosofia, dalla mentalità, dalla psicologia, dallo scopo di gioco e solo in ultima analisi dalla tattica, dalla tecnica e dalla condizione fisica. Guardiola è un alchimista del calcio, per capire come funzionano le sue squadre, basta osservare i suoi giocatori quando si trovano senza palla; sono dei tarantolati, in preda a una strana possessione, la loro testa è un continuo girarsi, fatto di scatti e osservazioni. Senbrano dei soldati su un campo da guerra, la loro adrenalina è alle stelle, eppure nonostante ciò sono freddi e lucidi come degli scacchisti che fanno una partita semilampo. Nel momento in cui prendono la palla sanno già quello che devono fare e vanno in automatico, conoscendo in anticipo i movimenti di tutti i compagni. La differenza con i giocatori della Juve era lampante, visto che quando i bianconeri prendevano la palla, sembrava quasi che avessero una mina a orologeria tra i piedi e il più delle volte si aveva quasi la sensazione che se ne volessero liberare il prima possibile, vista la qualità dei controlli e dei passaggi. Guardiola è un fanatico della cultura del lavoro quanto e più di Sacchi. Se si sgarra col catalano, sono dolori, partono gli schiaffi, sia verbalmente che fisicamente; chiedere a Thiago Alcantara per informazioni.

    La sua filosofia di gioco non solo deve essere capita, ma soprattutto accettata ciecamente, come una vera e propria dottrina religiosa. E qui dovremmo farci una domanda, e cioè: siamo proprio sicuri che a Monaco di Baviera lo abbiano accettato totalmente? Molti dei suoi giocatori si, ma di sicuro non la società (Beckenbauer in primis), che non ha mai capito fino in fondo chi è veramente Guardiola, e soprattutto non ha gradito una certa degermanizzazione voluta dal catalano, che ha imbrigliato caratteristiche naturali dei tedeschi, come la corsa in progressione e i cross con relativi colpi di testa; tanto che l'altra sera a Torino si sono presentati con 3 soli giocatori con una statura superiore ai 180 cm nell'undici titolare. Ma ormai l'avventura di Guardiola in Germania è agli sgoccioli visto che il suo futuro si chiama Manchester.City. Per quanto riguarda noi italiani invece, dovremmo riflettere moltissimo su quel:“So bene che la condizione fisica in questo paese è una delle cose più importanti, ma per me non c'entra un cazzo”. Una frase che delegittima certe convinzioni tipiche del nostro calcio, che negli ultimi anni si è troppo concentrato sulla preparazione atletica, trascurando invece tutto il resto, che invece è la parte più bella e importante del calcio.


    @Dragomironero

    Altre Notizie