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  • Higuain 'core ‘ngrato': ma di Altafini ce ne sarà sempre uno solo

    Higuain 'core ‘ngrato': ma di Altafini ce ne sarà sempre uno solo

    • Marco Bernardini
    Per la seconda volta nella sua storia di tribù del calcio contemporaneo, il popolo napoletano osserva con tristezza quello che aveva eletto a figlio adottivo e che, invece, ora se ne va. Una fuga ancor più dolorosa e bruciante perché il migrante d’oro finisce alla corte della Grande Nemica e signora degli scudetti Juventus. Era già accaduto in passato. Qualcosa come quarantatrè anni fa. E, come allora, per la seconda volta, ecco ricomparire il classico striscione di addio: “Core ‘ngrato”. Si tratta della peggiore definizione che si possa ricevere da un napoletano. Perché, superando i confini del rapporto mutualistico in chiave sportiva, l’affronto va direttamente a toccare la sfera sacra dei sentimenti popolari più profondi. Spezzare il cuore della gente e soprattutto quello dei ragazzini che del loro campione preferito hanno fatto un idolo da venerare è fatto assai più grave del trauma provocato da un divorzio per incompatibilità di carattere o per altre ragioni assortite tra le quali il denaro. La storia, dunque, si ripete con protagonisti differenti proprio come in quel lontano 1973 anno in cui Josè Altafini migrò al Nord per andare a giocare nella Juventus di Giovanni Trapattoni.

    Il mitico “Capo Giuseppe”, come ho sempre amato chiamarlo vedendo in lui la saggezza e la felicità e il coraggio di un guerriero Sioux, ieri l’ha messa sul ridere per gli ascoltatori di Radio 24 e per la felicità del juventinissimo direttore Giovanni Minoli: “Era ora perché finalmente grazie a Higuain potrò liberarmi una volta per tutte di quella frase “core ‘ngrato” che mi ha perseguitato per una vita e che mi ha sempre dato molto fastidio”. Ha tutte le ragioni di questo mondo, Josè. Soprattutto  per un motivo. Si tratta di une definizione che gli venne appiccicata addosso in maniera assolutamente ingiusta. A dirlo è la stessa Storia di quel pallone che a Napoli sognerebbero di poter vivere emotivamente come accadeva una volta, ma che purtroppo non esiste più.
    Intanto, elemento fondamentale per la comprensione esatta del tema, Higuain da Napoli e dal Napoli se ne è andato senza manco passare da casa per prendersi i calzini. Non amo il gioco d’azzardo, ma avrei scommesso quel poco che possiedo su come sono andate a finire le cose dal giorno in cui il fratello del Pipita se ne uscì con quelle dichiarazioni disfattiste. Ricordo che telefonai ad  Agresti e gli dissi: “Occhio perché, secondo me, Hiugain andrà alla Juve”. In tempi insospettabili come quelli poteva sembrare una battuta. Oggi non più. E’ la realtà.
     
    Josè Altafini dal Napoli non se ne andò per scelta sua. Lui stava benissimo, insieme con Omar Sivori, in quella squadra che amava proprio come adorava la città. Molto più semplicemente, dopo otto anni di rapporto molto stretto, il presidente Ferlaino decise di non rinnovargli più il contratto che era scaduto. Altafini, che a trentaquattro anni ancora aveva da dare molto al calcio d’autore, fu praticamente costretto a cercarsi un nuovo posto di lavoro. Lo trovò alla Juventus adattandosi, tra l’altro, con l’umiltà tipica dei veramente grandi al ruolo di jolly che puntualmente, a dieci minuti dalla fine, si alzava dalla panchina, scendeva in campo e segnava gol decisivi. Anche al Napoli, quello del due a uno per la Juve, la stagione successiva a quella del suo trasferimento.

    Ecco perché la definizione di “core ‘ngrato” riferita a Josè non solo è sbagliata, ma anche ingiusta. Per come andarono le cose il “cuore di pietra” non era quello di Altafini che da Napoli non si  sarebbe mai mosso, semmai quello di Ferlaino che , sbagliando, non volle più saperne del campione brasiliano. Eppoi, per concludere, siamo seri. Al di là di tutti i “pipita” del mondo di Josè Altafini il calcio ne ha avuti e ne avrà sempre uno solo.  Lui, il simpatico e inimitabile “senor golazzo”.

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